Corriere della Sera 08/12/14
Francesco Alberti
Rosa Louise Parks, donna di colore,
diede la prima picconata nel 1955 alla segregazione razziale negli
Stati Uniti rifiutandosi di cedere il proprio posto in autobus a un
bianco. Federico Pizzarotti, storpiandone un po’ il nome («Park»)
e scoprendo che in platea pochi tra i grillini sapevano chi fosse,
l’ha presa a modello, si spera con le dovute proporzioni: «Ci
vuole sempre qualcuno che cominci un discorso nuovo, senza remore…».
E lui, primo cittadino di Parma, da tempo in pole position nella
lista di coloro in odore di scomunica, da ieri ha deciso che di
fronte alle espulsioni a raffica, alla dittatura del blog, ai drammi
sugli scontrini e ai post scriptum stile ghigliottina, il «no, non
mi alzo» di Rosa Parks, pacato quanto irremovibile, rappresenta
l’arma giusta per lanciare la sua sfida al duo
Grillo-Casaleggio.
Guerra di trincea, quella del sindaco,
dall’interno del Movimento: «Io non vado da nessuna parte, io sono
del M5S». Perché non sono le scomuniche a spaventarlo («Il mio
terrore casomai è perdere i fondi per gli asili…»), ma è la
deriva presa dal Movimento: «Dobbiamo riprenderci ciò che abbiamo
costruito, tornare alle origini: tenere la parte migliore di noi e
cambiare l’altra. Grillo ha fatto tanto, ma il M5S siamo noi». In
uno slogan, «meno scontrini, più contenuti».
Prova di forza
doveva essere. E tale è stata. Abile nel non cadere nella trappola
della rottura («Mi sono sentito al telefono con Di Maio, del quale
stimo l’operato»), Pizzarotti ha ieri mandato in scena la prima e
per ora unica rappresentazione di opposizione interna nella
tormentata storia dei pentastellati, dimostrando di vantare tra gli
amministratori locali, ma anche a Roma, solide sponde e imprimendo al
dibattito interno un’accelerazione che potrebbe avere esiti
imprevedibili. In un hotel a 4 stelle, alle porte di Parma, il
sindaco ha fatto il tutto esaurito tra i 5 stelle della «terra di
mezzo», nel senso buono di malpancisti, critici, delusi, dissidenti,
comunque in rotta di collisione con il duo Grillo e Casaleggio: circa
400 attivisti, tra cui una quindicina di parlamentari, molti
consiglieri comunali, il sindaco di Pomezia, Fabio Fucci, assente
invece quello di Livorno, Filippo Nogarin, che ha inviato un
messaggio di saluto.
A dispetto del programma ufficiale, che
parlava di referendum e statuti comunali, Pizzarotti ha squadernato
temi pesanti, non limitandosi a delineare per il Movimento un «nuovo
inizio», ma ponendo due questioni potenzialmente esplosive: il
ridimensionamento di Grillo (compresa la permanenza del nome nel
simbolo) e il riesame delle espulsioni. È successo quando hanno
chiesto al sindaco se la nomina del direttorio e il ritorno del
comico all’attività artistica vadano letti come un passo indietro.
«Mi sembra che la direzione sia questa — ha risposto —: Beppe ha
sempre detto che prima o poi si farà da parte, deciderà lui o lo
discuteremo insieme». E a chi ancora gli rinfaccia di essere una
creatura di Grillo, il sindaco ha replicato: «Io in questi anni ci
ho messo la faccia». Più in là si è spinta la deputata Giulia
Sarti: «In futuro si potrà pensare di togliere dal simbolo il nome
di Grillo, anche se è cosa da discutere visto che è di sua
proprietà».
Colpi bassi, ai quali il comico genovese ha
risposto in tempo reale: «Sono più vivo che mai, nonostante questo
tentativo di seppellimento mio, di Casaleggio e del M5S» ha scritto
sul blog. Dopo un passaggio contro «Marino e Renzie, che vogliono
seppellire i movimenti della società civile», la replica ai
dissidenti: «Il nostro Movimento è complicato, non potevo averlo
sulle spalle solo io o Casaleggio, stiamo distribuendo competenze e
responsabilità: è l’inizio di una nuova fase
straordinaria».
Caldo pure il tema espulsioni. «Vanno
ridiscusse in assemblea» è la richiesta di Pizzarotti, secondo il
quale «di fronte agli scandali degli altri partiti, è assurdo
etichettare le persone per uno scontrino o perché vanno in tv».
Anche il dogma dell’infallibilità del web, a partire da alcuni
commenti sul blog di Grillo, va smitizzato: «Dei leoni da tastiera
possiamo fare a meno, l’online non è l’unica verità». Meglio
guardarsi negli occhi «in una grande assemblea» è la proposta del
sindaco. Che ha chiuso con una battuta: «Mi sento Obama». Chissà
Grillo domani…
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