La Repubbica 24 dicembre 2014
TOMMASO CIRIACO
Anche Luigi Di Maio, a nome del M5S,
prova a sondare Palazzo Chigi Toninelli: “Possiamo pure
incontrarci, ma niente candidati imposti dall’alto”
Venti voti per il Quirinale. Preziosi,
a portata di mano, forse decisivi. Per gli ex grillini è il momento
della verità. In tutto sono ventisei, tra Camera e Senato, e sono
destinati ad aumentare. A gennaio proveranno a costruire finalmente
un gruppo, ma intanto aprono alla rosa di nomi di Matteo Renzi. Non
sono gli unici, in realtà, a voler giocare la partita del Colle.
Anche Luigi Di Maio, a nome del Movimento, prova a sondare Palazzo
Chigi. E nel corso di alcune cene riservate con Roberto Giachetti
tenta di pianificare la sfida quirinalizia.
Ecco, proprio dal vicepresidente della
Camera grillino bisogna partire. Da tempo coltiva un filo diretto con
Giachetti. I vertici del Movimento, sottovoce, non fanno mistero che
i due si confrontino abitualmente, lontano da occhi indiscreti.
Questo dialogo, in passato, ha sbloccato anche la partita della
nomina dei giudici costituzionali. E in futuro non è escluso che
coinvolga direttamente il premier: «Luigi parla con Renzi? Mica sono
solo io ad avere il numero di cellulare di Renzi...», ammicca
Massimo Artini, altra figura chiave di questa storia.
È proprio lui, uno degli epurati del
grillismo, a lavorare senza sosta al “progetto Quirinale”.
Artini, un moderato buttato fuori senza troppi complimenti dal blog
di Grillo, cerca di fare gruppo alla Camera con gli espulsi Tommaso
Currò, Paola Pinna e Alessio Tacconi. Parla con il Pd (ieri si è
intrattenuto a lungo con il vicecapogruppo dem Ettore Rosato) e
progetta il futuro con il senatore Maurizio Romani, un altro degli
espulsi. Artini, in realtà, è amico anche di Renzi. Come il premier
è toscano, con il premier è stato compagno di classe. Per adesso
non si sbilancia, ma si dice pronto a ragionare: «Ascolteremo la
rosa di nomi del Pd, poi daremo un giudizio». Ma chi sono questi ex
pentastellati pronti al confronto?
Ad eccezione del dimissionario Giuseppe
Vacciano — e di Marino Mastrangeli — gli altri quindici senatori
epurati sono tutti potenziali interlocutori del Pd. Due di loro,
Fabiola Anitori e Lorenzo Battista, orbitano già nell’area della
maggioranza. Un altro, Luis Orellana, si confronta da tempo con i
dem. Assieme a Romani compongono il “Movimento X” Maria Mussini,
Laura Bignami e Bartolomeo Pepe. Quest’ultimo, vicinissimo ai Verdi
di Angelo Bonelli, spiega: «Se il Pd indica un Presidente di
spessore, è normale che lo voto. Ma lo farà?». Ci spera un’altra
senatrice, Alessandra Bencini: «Certo non vogliamo commettere di
nuovo l’errore che abbiamo compiuto con Prodi, quando invece di
votarlo insistemmo troppo su Rodotà».
I rapporti tra i senatori ex M5S, a
dire il vero, non sono dei migliori. Nei mesi scorsi le tensioni
hanno dilaniato la pattuglia. Ora però il clima è cambiato: «A
differenza di alcune settimane fa — giura Francesco Campanella —
la situazione è migliore. Vogliamo partecipare al gioco della nomina
del nuovo Presidente. Coordinandoci anche con i colleghi ex M5S della
Camera». L’ottimismo del senatore siciliano è condiviso da Adele
Gambaro: «Faremo fronte comune, ci muoveremo come se fossimo un
gruppo. Non saremo certo noi a proporre un nome, ma appoggeremo un
alto profilo. Preclusioni su un nome politico? Vedremo, ma direi
proprio di no».
Veti su un nome del Pd, a dire il vero,
non ne pone neanche Danilo Toninelli. Braccio destro di Di Maio, ieri
ha mostrato qualche segnale di nervosismo: «Ci potremo incontrare,
ma solo se faranno i nomi pubblicamente e con debito anticipo. Se
invece pensano di calare candidature dall’alto — con un sms
inviato pochi minuti prima del voto — si andranno a schiantare».
Il Movimento, in ogni caso, affiderà la scelta su un’eventuale
rosa di nomi proposta dai dem alle quirinarie interne.
Tra il gruppo degli espulsi e i vertici
del direttorio pentastellato si muovono infine alcune decine di
parlamentari a disagio. Una ventina, fra loro, non escludono di
rompere. Sono dissidenti storici come il deputato Aris Prodani e il
senatore Francesco Molinari. E anche i parlamentari toscani più
vicini ad Artini sono pronti allo strappo. Aspettano solo un segnale.
Potrebbe essere il nuovo regolamento varato ieri dalla Casaleggio
associati. Quello dei nuovi super poteri affidati a Grillo.
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