martedì 10 giugno 2014

Tutto cambia velocemente

Riccardo Imberti

Dopo l’inaspettato ed incontrovertibile successo del Pd alle elezioni Europee, nella giornata di lunedì si sono chiusi i ballottaggi delle elezioni amministrative.
All’indomani della lunga ed articolata tornata elettorale non è possibile evitare una sorta di bilancio. In queste ultime ore, infatti, assistiamo ad analisi e commenti molto diversi da parte di giornalisti, analisti, opinionisti e politologi sul significato del voto di maggio-giugno. Allo stesso modo, i politici non hanno fatto mancare il loro apporto all’analisi dei risultati elettorali.
Ho letto molto in queste ore. Le considerazioni più convincenti mi sono sembrate quelle di Lorenzo Guerini: «Se c’è un partito che sta bene è il nostro, i cinque stelle dovevano fare la rivoluzione e portano a casa due sindaci, bel risultato». Così come convincenti mi sono sembrate quelle di Ilvo Diamanti: «Renzi non deve comportarsi “come se il PD non ci fosse”. Al contrario deve spingerlo a riformarsi. Ridimensionando, lo spazio degli apparati, a favore di quello dei Sindaci e degli amministratori locali»; e, naturalmente, quelle di Matteo Renzi: «Queste elezioni segnano la fine delle posizioni di rendita elettorale, è finito il tempo in cui qualcuno sa che in quel posto si vince di sicuro».
Resto convinto che, in ogni passaggio elettorale, il dato numerico rappresenti un elemento incontrovertibile. I numeri dicono che il centrosinistra guidato dal Pd ha vinto in più di 160 comuni rispetto ai 128 delle precedenti elezioni amministrative. Nelle zone storicamente "rosse" è passato da 77 a 82, al nord da 24 a 58. Certamente vanno segnalate le sconfitte nelle città di Livorno e di Perugia.
Sono allo stesso tempo certo che questo passaggio elettorale possa dare maggiore forza a Matteo Renzi e possa spingere il segretario del Pd ad una accelerazione del processo di rinnovamento iniziato con le primarie dello scorso anno. 
Così come sono convinto - o comunque auspico - che si sia definitivamente chiusa la filiera che ha caratterizzato il centrosinistra di questi ultimi 20 anni e che la discontinuità possa rappresentare un elemento sì gradito all'elettorato - anche di quello che decide all'ultima ora - ma soprattutto un punto di forza per poter navigare in acque più limpide. 

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