lunedì 16 giugno 2014

Il boomerang della rete


SEBASTIANO MESSINA
La Repubblica - 16/6/2014

La frase rivelatrice l’ha detta Luigi Di Maio, che con la sua solita faccia da bravo ragazzo napoletano prima ha lasciato trapelare un piano dal sapore craxiano, dietro la stupefacente richiesta di una trattativa con Renzi («Vogliamo essere l’ago della bilancia»).
POI ha aggiunto con aria da scugnizzo furbetto: «Lo streaming non credo sia essenziale». E già, perché lo streaming, spacciato come massimo strumento di trasparenza quando si trattava di trasformare gli incontri chiesti da Bersani, da Letta o da Renzi in maxispot propagandistici, appuntamenti dove si andava non per trattare e neanche per ascoltare ma solo per ironizzare in diretta sull’avversario («Mi sembra di essere a Ballarò» disse sfacciatamente a Bersani l’ex capogruppo Roberta Lombardi) adesso che una domenica mattina Grillo e Casaleggio si sono svegliati e hanno scoperto che tre settimane fa Renzi «è stato legittimato da un voto popolare» e dunque si può trattare con lui, con «l’ebetino», con «Renzie», con «Pittibimbo», insomma con quel «figlio di troika», adesso che i cinquestelle hanno deciso che è ora di fare una vera trattativa con quelli che fino a ieri erano una mandria di tangentisti, pregiudicati, inciuciari, mafiosi, ladri e inquisiti, ecco che lo streaming ha perso improvvisamente il suo preziosissimo valore democratico, l’oro è diventato stagno, stavolta «non credo sia essenziale ».
E si sentono rispondere da Matteo Renzi che no, «magari lo streaming questa volta lo chiediamo noi», mossa fulminea e disarmante che non lascia allo scaltro Di Maio nessuna via d’uscita, essendo assolutamente impossibile tirarsi indietro dopo aver fatto della diretta web un totem della trasparenza: «Lo streaming si farà». Forse è presto per dire che chi di streaming ferisce di streaming perisce, ma come si fa a non sorridere di fronte alla trappola che i grillini si sono pazientemente costruiti con le loro mani - pretendendo lo streaming per tutte le trattative che non volevano fare e aggirandolo per quelle che invece andavano concluse alla svelta, come l’accordo a tavola con il «simpaticissimo » Farage – e nella quale si ritrovano adesso ingabbiati, proprio ora che Grillo e Casaleggio avevano deciso di far uscire i loro voti dal frigorifero e offrire al partito che ha appena preso il doppio dei loro voti la straordinaria opportunità di scrivere insieme una legge elettorale, naturalmente adottando «come base per una discussione comune» il cervellotico sistema proporzionale progettato da un oscuro professore, votato da quattro simpaticoni e solennemente promulgato sul blog di Grillo?
Dunque la trattativa si farà, ma sarà una trattativa con streaming. Magari non sarà un monologo di dieci minuti come quello che Grillo fece alle consultazioni di Renzi, gridandogli in faccia «Non ti faccio parlare!», lasciando all’allora presidente incaricato solo lo spazio per un appello inascoltato («Beppe, esci da questo blog!»), ma di sicuro non sarà l’occasione che permetterà ai cinquestelle di diventare «l’ago della bilancia», perché – come Grillo ha imparato più rapidamente di tutti – i veri accordi si fanno chiudendo la porta, non accendendo la lucetta dello streaming.



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