giovedì 12 giugno 2014

Israele, chi è Reuven Rivlin: il presidente che può mettere Netanyahu alle corde

Maurizio Debanne 
Europa

Il nuovo capo dello stato israeliano è indicato da tutti come un falco: «Ma saprà essere diplomatico», spiega la giornalista Tal Schneider. La sua elezione è un altro colpo alla leadership del premier


Solo le telecamere sembrano annullare questa distanza. «È una vittoria del Likud», ha commentato a caldo Netanyahu. «Mi attendo – ha aggiunto – una cooperazione con il presidente eletto per l’unità del popolo di Israele». In realtà, fino all’ultimo minuto, il premier israeliano ha provato ad affossare la candidatura di Rivlin, tentando perfino di convincere il premio Nobel per la pace e superstite dell’Olocausto, Elie Wiesel, a candidarsi. «Wiesel è rimasto molto sorpreso, ma ha subito rifiutato l’offerta dicendosi non preparato per ricoprire quel ruolo», commenta a Europa Tal Schneider, giornalista israeliana per tanti anni corrispondente da Washington. Elie Wiesel, che abita a New York, «non è nemmeno cittadino israeliano. Netanyahu è stato davvero spregiudicato», aggiunge.
Dietro l’angolo non c’è nessuna crisi di governo, ma di certo «le acque nel Likud non si calmeranno così facilmente. Gideon Sa’ar, ministro degli interni, tra i principali artefici dell’elezione di Rivlin, da oggi si prepara per una nuova sfida: la guida del Likud», osserva Schneider.
Per il momento i riflettori restano puntati sul nuovo capo di stato israeliano, che giurerà il prossimo 24 luglio. Shimon Peres ha chiuso il suo mandato con la preghiera per la pace a Roma, insieme a papa Francesco, al presidente palestinese Abu Mazen, e al patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo. Vedremo se Rivlin coglierà questo ramoscello d’ulivo, anche se di certo in passato non ha mai nascosto di essere contrario alla creazione di uno stato palestinese. «Rivlin non è Lieberman. Non è un rude, saprà essere diplomatico. Non cambierà certo idea sulla Palestina, ma non leggeremo più sui giornali le sue considerazioni politiche», sostiene Tal Schneider, perché «non competono al capo dello stato di Israele». In altre parole, non oltrepasserà il suo ruolo.
«Non appartengo più a un partito», sono in effetti le sue prime parole. «Sono di tutti gli israeliani: ebrei, arabi, drusi, religiosi e non religiosi. Non interverrò nelle decisioni della Knesset. I deputati decideranno della pace e dei confini d’Israele». Quanto a ciò che farà, Rivlin vuole essere «un ponte fra le opinioni, facilitare il dialogo e la comprensione». Tutti elementi di cui Netanyahu ha oggi estremo bisogno. Internazionalmente isolato dopo le aperture degli Stati Uniti, dell’Onu e dell’Ue (Italia compresa) al nuovo governo di unità nazionale palestinese, il premier israeliano è confinato in un angolo. Ancora una volta, o concederà qualche deroga ai propri ideali, o rischierà di perdere la guida del governo.

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