venerdì 20 giugno 2014

L’amaca

MICHELE SERRA
La Repubblica - 20/6/14 

I dibattimenti a carico di Silvio Berlusconi, nessuno escluso, hanno la stessa freschezza del processo a Silvio Pellico. Souvenir di un altro evo, con i protagonisti in costume d’epoca a partire dalle giacche modellatissime dell’imputato, cose da anni Ottanta, dal suo lifting demodé e dalla sua pettinatura bituminosa, che fa lo stesso effetto museale del ciuffo di Bobby Solo. Sono processi vintage. Per chi ama il genere. Fa riflettere, questa persistenza insana di casi annosissimi, sulla famosa lentezza della giustizia italiana (dice sempre un mio amico molto forcaiolo, ma anche con molto senso pratico: «Se fossimo un Paese civile sarebbe finito in galera da subito come Tapie in Francia e non se ne parlava più»). Si immaginano la fatica, la pena e forse anche la noia del personale processuale al completo (giudici, avvocati, piemme, cancellieri, uscieri) nel maneggiare quei faldoni, sempre lo stesso Lavitola in volo da o per le Antille, gli stessi tre o quattro senatori sedotti da un assegno per pagarsi il trilocale e farci la sede della fondazione con targa d’ottone, la stessa dissertazione se la Ruby abbia o non abbia soggiaciuto, lo stesso ragiunatt che salariava non si sa se entraineuses o vestali. Nelle giustizia italiana c’è gente, non so se ve ne rendete conto, che da una intera vita studia Silvio tanto quanto Higgs ha studiato il bosone.



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