sabato 21 giugno 2014

Riforme e decreti al tempo dei Mondiali

Stefano Menichini 
Europa  

Vent'anni fa, il 13 luglio 1994, il governo Berlusconi tentava il colpo del salva-ladri mentre l'Italia giocava in Usa. Oggi tutt'altro clima e riforme ben diverse: siamo all'uscita dal tunnel. Solo Berlusconi c'è ancora, ma non è più lui.
Seguivo ieri Maria Elena Boschi e Marianna Madia, angeliche su sfondo azzurro nella sala stampa di palazzo Chigi, parlare di semplificazione fiscale, snellimento della pubblica amministrazione e riforma del senato. Nell’atmosfera della giornata mundial, è stato inevitabile riandare a un altro consiglio dei ministri. A quello del 13 luglio 1994, vent’anni fa, quando le ore della vigilia della semifinale con la Bulgaria (finita meglio della partita di ieri) vennero sfruttate dal giovanissimo governo Berlusconi per provare a piazzare il decreto Biondi, il cosiddetto “salva-ladri” contro il quale dovette mobilitarsi la procura di Milano: fu il primo atto della guerra tra magistrati e Forza Italia, il colpo d’avvio di una vicenda che ha fatto tanto male al paese e tuttora si trascina.
La memoria andrebbe coltivata. Se non altro per apprezzare le differenze e consegnare alla storia quel clima di contrapposizione militante e paralizzante, di allarme democratico permanente, di colpi di mano e mobilitazioni.
Renzi e il Pd stanno per varare la agognata fine del bicameralismo perfetto insieme a Berlusconi (e a diversi altri interlocutori politici). Forse anche la nuova legge elettorale. E nel frattempo fanno (senza Berlusconi) molte altre riforme che incidono sulla vita quotidiana, dalla semplificazione dei rapporti col fisco e con la burocrazia a quella del terzo settore. Vent’anni dopo quelle giornate di luglio – pare incredibile solo a dirlo – sta per vedere la luce anche una prima vera riforma della giustizia civile e penale, cioè si interviene in un campo finora assolutamente inavvicinabile, disseminato di mine anti-ministro piazzate da ogni parte politica e da ogni corporazione.
Non c’è solo da valutare quante cose siano cambiate dal ’94, questo è perfino ovvio. L’unica costante rispetto ad allora è la presenza sulla scena di Berlusconi, ma è come fossero due persone diverse: il premier che tentava colpi di mano per proteggere i colletti bianchi è ormai raggiunto dalle condanne, ed è politicamente talmente indebolito da dover agevolare riforme di cui potranno giovarsi solo i suoi avversari. La sua recente timida evocazione di un contraccambio sul piano giudiziario è talmente inverosimile da non aver scandalizzato neanche gli scandalizzati di professione.
La verità è che questa agenda politica nella quale compare di tutto, ma nulla che possa essere ricondotto ad personam, ci conferma che siamo davvero alla porta d’uscita dell’interminabile buio corridoio imboccato tanto tempo fa.

Nessun commento:

Posta un commento