martedì 17 giugno 2014

Nel Pd Renzi travolge tutti: dissidenti, Civati, Fassina. Anche con l’aiuto di Grillo

Rudy Francesco Calvo 
Europa  

L'elezione di Orfini alla presidenza del partito e l'apertura al dialogo del M5S rafforzano la pax renziana. Malumori tra i bersaniani, ma il loro ingresso in segreteria non sembra essere in discussione
L’assemblea nazionale di sabato scorso è finita come voleva Matteo Renzi: con un sigillo sul 40,8 per cento delle Europee, che ha ridotto praticamente a zero lo spazio per il dissenso interno al Partito democratico. Troppo forte il premier-segretario in questa fase, troppo delicato il passaggio che i dem si trovano di fronte, con il rischio di deludere le aspettative degli elettori.
Quello che Renzi non si aspettava è l’aiuto arrivato da Grillo e Casaleggio. L’apertura del Movimento sulla riforma elettorale non consente solo al premier di rafforzare la propria posizione contrattuale sul tavolo con Forza Italia, lasciando prospettare l’apertura di un diverso fronte di dialogo, ma ridimensiona anche le pretese di chi – dentro il partito – si presentava come possibile interlocutore proprio con l’area che comprende il M5S, i suoi dissidenti e Sel. «Con il riconoscimento di Renzi come interlocutore, legittimato dal forte consenso avuto alle elezioni – è il ragionamento che si fa al Nazareno – i presunti pontieri alla Civati non hanno più margini di manovra». Men che meno i senatori dissidenti, che infatti si preparano a un mesto rientro, o chiunque coltivi ancora l’idea di un asse politico alternativo a quello attuale: qualsiasi scelta è nelle disponibilità esclusive del premier.
La scelta di Matteo Orfini come presidente dell’assemblea nazionale è solo l’ultima conferma in ordine di tempo del decisionismo con cui Renzi gestisce la pax interna. Una decisione mai stata veramente in discussione – almeno da quando il premier è rientrato dal suo viaggio orientale –che ha lasciato certamente strascichi nella sponda bersaniana della minoranza, ma senza per questo fornire alibi per mettere in discussione i nuovi equilibri interni. Ieri sera Area riformista si è riunita per valutare il quadro politico seguito all’assemblea di sabato, con i Giovani turchi ormai stabilmente destinati a occupare il ruolo di minoranza politicamente più rilevante nel Pd (oltre al presidente, possono contare su un ministro e un sottosegretario). Difficilmente l’ingresso dell’area cuperlian-bersaniana in segreteria sarà messo in discussione, semmai potranno chiedere solo più tempo per convincere anche i più reticenti, come Stefano Fassina. D’altra parte, basta vedere l’accoglienza gelida riservata sabato dai delegati all’ex responsabile economico della segreteria bersaniana, per capire come la sua stella non brilli più come un tempo.
Quello di Area riformista è ormai l’ultimo tassello rimasto per completare il rinnovamento della squadra del Nazareno. Il vicesegretario Lorenzo Guerini è disposto a concedere ancora qualche giorno di riflessione, ma non oltre questa settimana, per arrivare alla nomina della segreteria entro venerdì o, al massimo, lunedì prossimo. Quel che è certo è che se i bersaniani pensano di poter compensare la mancata scelta di uno di loro alla presidenza del partito con un posto “pesante” in segreteria, rimarranno ancora una volta delusi: i posti chiave rimarranno in mano ai fedelissimi del segretario.

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