sabato 12 ottobre 2019

Niente condanna per Erdogan al CdS dell’Onu

Altre Terre  ottobre 12, 2019
La diplomazia internazionale alle Nazioni Unite  non trova le parole per fermare l'invasione turca che procede spedita e senza intoppi nonostante l'appello del Segretario Generale. Già 100.000 i profughi
Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite non è riuscito a concordare una dichiarazione di condanna dell’operazione militare turca in Siria. Gli  europei, che hanno messo in guardia su  crisi umanitaria e aiuto indiretto ai militanti dello Stato islamico, sono stati sconfitti.
Durante  una sessione d’emergenza a porte chiuse del consiglio infatti – riferiva ieri il Washington Post – sei ambasciatori europei che avevano convocato la riunione nella speranza di presentare un fronte unificato contro la Turchia, volevano una risoluzione di condanna che chiedesse alla Turchia di cessare  le sue operazioni militari. Ma nonostante a parole sia Stati Uniti sia Russia abbiano manifestato preoccupazioni per quanto avviene, la montagna non ha partorito nemmeno un topolino e si è chiusa senza risoluzione. Col via libera della Nato è la seconda pugnalata vibrata nella schiena dei curdi dalla diplomazia internazionale.
Tutto ciò  mentre  le Nazioni Unite continuano a far presente la situazione gravissima in Siria e il Segretario Generale delle Nazioni Unite António Guterres ha detto di ritenere una de-escalation  “assolutamente essenziale”.
Proseguono intanto la manifestazioni di sostegno ai curdi in tutta Europa, Italia compresa: lunedì prossimo 14 ottobre alle ore 17,30 in Piazza Santi Apostoli, Roma, ci sarà un presidio promosso da CGIL CISL UIL, contro l’offensiva militare della Turchia in Siria. L’offensiva turca però non si ferma: si stima che 100.000 persone siano fuggite dalle loro case nel nord-est della Siria, secondo le  Nazioni Unite, mentre Ankata  continua la sua offensiva contro i combattenti curdi nonostante le crescenti critiche internazionali sulla campagna e le preoccupazioni che tutto ciò potrebbe portare alla rinascita dell’ISIS.






senza parole


martedì 8 ottobre 2019

PAZZESCO

Pierluigi Castagnetti
NON CI SI SCANDALIZZA PIÙ DI NIENTE, neppure di una nuova guerra alle porte di casa dichiarata da un paese NATO. Siamo pover’uomini prigionieri della pigrizia morale e della miopia umana e politica.
LA LOGICA DEI SOVRANISTI. Erdogan sta invadendo il nord della Siria con l’assenso degli USA. Obiettivo distruggere i curdi i quali libereranno i terroristi Isis da loro detenuti. Una nuova guerra. L’Italia chieda convocazione urgente Consiglio NATO e Ue poiché Turchia nella NATO.
 

Se Trump abbandona al loro destino i curdi


La Turchia sta per invadere la Siria e disperdere il popolo che ha sconfitto l'Isis. Ma per Donald prevale la "real politik". L'analisi di Fulvio Scaglione

07/10/2019
di Fulvio Scaglione
Il primo pensiero, ovviamente, va ai curdi, in questo caso ai curdi siriani, per l’ ennesima volta traditi dai Paesi occidentali. C’ è questo, infatti, nella decisione con cui Donald Trump ha concesso luce verde a un intervento militare della Turchia nella Siria del Nord. Intervento diretto proprio contro quei curdi che sono stati i migliori alleati degli Usa nella lotta contro il Califfato di Al Baghdadi ma che Recep Erdogan considera un movimento terroristico e una minaccia per il suo Paese. Il progetto del Presidente turco è chiaro: ritagliare una fetta di territorio siriano (una trentina di chilometri di profondità lungo tutto il confine con la Siria, lungo 480 chilometri), disperdere i curdi, impedire la vittoria finale dell’ esercito siriano e di Bashar al-Assad e ricollocare nell’ area occupata gran parte dei 3,6 milioni di profughi siriani che in questi anni sono scappati verso la Turchia.
Altrettanto chiaro è il contorno del dramma curdo. Il “popolo senza Stato” è per l’ ennesima volta vittima del proprio sogno. Il regime centralistico e autoritario di Assad prometteva ai curdi, al massimo, un certo grado di autonomia all’ interno dello Stato siriano. Un patto tutto da contrattare tra mille diffidenze reciproche: Assad col dubbio che i curdi, una volta solidificata l’ autonomia, potessero poi pretendere una vera indipendenza, magari con l’ aiuto delle solite potenze esterne che non hanno certo rinunciato alla partita siriana; i curdi con l’ angoscia che Assad, una volta consolidata la vittoria militare ottenuta con l’ aiuto della Russia di Vladimir Putin, decidesse di soffocare anche quella poca o tanta autonomia concessa.
Così i curdi si sono affidati agli americani, nella speranza che fossero proprio loro ad aiutarli a realizzare il progetto del Rojava, l’ embrione di quello Stato laico e democratico che sognano da sempre. In nome di questo obiettivo i curdi hanno combattuto a fianco delle truppe Usa contro l’ Isis sia in Siria sia in Iraq, sacrificando molte vite e spendendo molti sforzi. Invano, come si vede oggi.
Donald Trump, d’ altra parte, mostra nel suo cinismo una sorta di spietata coerenza. Nel settembre del 2017 il presidente (curdo) del Kurdistan iracheno, Mas’ ud Barzani, fece svolgere un referendum sull’ indipendenza della regione dall’ Iraq. Ottenne un 93% di sì ma gli Usa, grandi protettori dei curdi all’ epoca di Saddam Hussein, si pronunciarono subito contro il referendum, rifiutando di riconoscerne l’ esito e abbandonando Barzani e i suoi alla reazione del governo centrale iracheno.
La stessa cosa avviene ora con il Rojava, a dimostrazione di quanto tattico e strumentale fosse il sostegno americano alla causa curda. Finito l’ Isis, finito il sostegno. In realtà, la Casa Bianca fa scelte assai più razionali di quanto sembri a prima vista. Dal punto di vita strategico, in Iraq era più interessante, per gli Usa, proteggere l’ unità del Paese che non favorire la fuga in avanti di questa o quella componente. Soprattutto tenendo conto dell’ influenza dell’ Iran, che è già forte e che in un quadro di frammentazione avrebbe solo potuto crescere. La stessa cosa accade ora in Siria: per gli Usa è più importante recuperare un rapporto con la Turchia di Erdogan, che è pur sempre un Paese della Nato e che negli ultimi tempi ha costruito una buona relazione con la Russia, che non far nascere uno Stato curdo, sia pure nella forma “ridotta” del Rojava.
Resta da vedere che cosa farà, ora, la Siria. Si lascerà scippare una fetta di territorio da Erdogan oppure sarà pronta a combattere, magari alleandosi proprio ai curdi abbandonati dagli americani? La sensazione è che queste ultime mosse siano solo la conclusione di un lungo processo che, dietro le quinte, ha visto anche la partecipazione della Russia come “madrina” di Assad. L’ esercito siriano non ha le forze per scontrarsi anche con quello turco. E il Cremlino non ha alcun interesse a prolungare una guerra non ancora terminata o, addirittura, ad allargarla. È possibile che Assad scorga nella mossa di Erdogan anche alcuni possibili vantaggi. Per esempio, una sforbiciata alle ambizioni dei curdi che, come si diceva prima, sono un problema anche per il governo di Damasco. E poi, i profughi siriani che fossero eventualmente ricollocati nella Siria del Nord occupata dai turchi, potrebbero essere incentivati a ritornare alle proprie città e ai propri villaggi, avendo a quel punto perso la speranza di potersi sistemare in Turchia o di poter da lì partire verso l’ Europa. E si sa quanto stia a cuore ad Assad, anche nella prospettiva della ricostruzione, il ritorno dei profughi.

Lampedusa


Vergogniamoci per lui

L’amaca 8 ottobre 019
Michele Serra

All’interno di un corpus già notevole per pochezza e grettezza, i tweet di politica estera di Donald Trump hanno la capacità aggiuntiva di indignare. Inserire tra le “ridicole guerre tribali” la resistenza dei curdi di Siria, se si pensa alla magnifica laicità di quell’esercito, ai suoi ideali democratici, alle sue donne combattenti, alla sua composizione internazionale (morirono con quella divisa, tra i tanti, l’italiano Lorenzo Orsetti e l’attivista turca Ayse Karacagil), al grande contributo militare dato alla resistenza contro lo Stato Islamico, è semplicemente disgustoso. Forse anche cretino. Ma soprattutto disgustoso.
Tra i curdi e Trump, tribale è certamente il secondo, che giudica utili le guerre (sempre nei suoi orribili tweet) solo se “convenienti e vincenti” per la propria Nazione. Confermando che tra nazionalismo e provincialismo il passo è minimo: i nazionalisti hanno una testa da cortile.
Mentre quel popolo povero, disperso e orgoglioso non si è mai chiesto, evidentemente, se fosse conveniente e vincente rischiare la pelle non solo per la propria indipendenza, ma per una tipica causa di interesse internazionale (la democrazia e la libertà, la resistenza al jihadismo), questo cafone miliardario, capo del Paese più ricco, potente e armato del mondo, come pretesto per riportare a casa i suoi cento soldati, ciascuno dei quali è da supporre armato e protetto più di cento curdi messi assieme, si permette di defalcare la guerra dei curdi all’Isis, con spregio, come trascurabile fenomeno locale. Ci vergogniamo noi per lui, non avendone egli la facoltà.