domenica 15 giugno 2014

Loda, il politico che parlava con il cuore e l’intelletto


Corriere della Sera 15/06/14
Thomas Bendinelli

L’omaggio  Un convegno sull’ex parlamentare comunista, avvocato di parte civile nel primo processo per la bomba del 28 maggio ‘74.Le polemiche su Piazza Loggia? «Difese la prima inchiesta, oggi in parte rivalutata»
Che immagine resta di Francesco Loda — protagonista del partito comunista a Brescia e in Italia negli anni Settanta e Ottanta prima come consigliere comunale poi come parlamentare per due legislature — dopo la mattinata a lui dedicata nella sala dei Giudici in Loggia promossa dall’associazione che prende il suo nome? «Una persona saggia», come lo ricorda nel suo scritto inviato ai convenuti Emanuele Macaluso? «Un formatore, che si sforzò di parlare sempre al cuore e all’intelletto e mai alla pancia delle persone» come osserva il notaio e amico Bruno Barzellotti? O quella, come suggerisce il titolo dell’incontro, di «un borghese che scelse l’altra classe»? Loda era comunista di tradizione liberaldemocratica, un ossimoro, al pari di chi accosta comunista con riformista. Eppure Loda ha provato a unire queste due tradizioni. Ieri, a margine del convegno, qualcuno ha messo in aneddoto la sua decisione di abbracciare la sinistra quando, impiegato nell’ufficio personale di una delle principali aziende bresciane, scoprì la schedatura degli operai più impegnati e si licenziò. Si racconta che ruppe addirittura i soldi dell’ultimo stipendio e che toccò alla moglie, madre di tre figli, rimetterli in sesto. L’incontro di ieri, nel diciassettesimo della sua morte, non è nato per caso, frutto di alcuni passaggi del libro di Benedetta Tobagi sulla strage di piazza Loggia nel quale Francesco Loda viene accusato di essere stato un affiliato della P2 e della massoneria. Ieri la polemica autunnale è rimasta sotto traccia: chi ha promosso l’incontro ha preferito andare oltre, evitando che il frutto diventasse velenoso, ma non si poteva fingere nulla. «Non si può dire “fratello in sonno della Loggia P2” ammettendo di avere la prova del contrario — ha affermato l’ex sindaco Cesare Trebeschi — Mi spiace vederlo infangare senza prove e senza scopi, a maggior ragione guardando scivolare su un granchio persone che stimo». E così Giorgio Gallico, avvocato che nello studio di Loda entrò come praticante nel 1978 e vi rimase fino al 1995: «Il suo impegno come avvocato di parte civile nella strage di piazza Loggia fu totalizzante, disinteressato e comportò la messa ai margini del resto della sua attività professionale». Loda diventò simbolo della difesa di parte civile nel processo: «La sua posizione era chiara: tenere separate vicenda giudiziaria e politica. La teoria della strage di Stato, che apparteneva al terreno politico, non poteva essere utilizzata come testimonianza nel processo». Con il naufragio della prima istruttoria Loda divenne «simbolo negativo e capro espiatorio». Gallico si concede una considerazione personale: «La tesi da lui e altri sostenuta non era del tutto campata in aria se è vero che Buzzi, oggi, viene identificato come il basista locale della strage». A margine dell’inchiesta, rivela fra l’altro Gallico, «Loda fu critico sull’arresto di Andrea Arcai e su quello di Mauro Ferrari». E il resto, sopra e oltre le polemiche? «Francesco ci chiamava nella direzione giusta, lui che non credeva nell’alternanza ma nel compromesso storico» osserva Pietro Borghini pensando alla sinistra che arriva la governo «solo con Prodi e Renzi». «Loda fu esempio di alto profilo di confronto con l’area cattolica» rileva Claudio Bragaglio. «Aveva profonda impronta liberale e garantista, anche nelle vicende legate al terrorismo», osserva Augusto Barbera. «La storia del riformisti del Pci è controversa e deve essere ancora scritta», rileva Gianfranco Borghini. «Solo l’amore intellettuale, dice Spinoza, è eterno, cioè libero — ricorda il figlio Pietro — Se lo si capisce, si può riconoscere il livello della scelta politica compiuta, negli anni in cui andava compiuta, da nostro padre».

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