domenica 1 marzo 2015

«Spaziante e gli ufficiali usati 
come prestanome per spendere 4 milioni».

Corriere della Sera 28/02/15
Luigi Ferrarella
Quattro milioni di euro di «sproporzione» tra i redditi percepiti in 8 anni e invece i contanti maneggiati e gli immobili acquistati nello stesso periodo 2005-2013: di solito a vedersi confiscare un patrimonio in base all’articolo «12 sexies» del 1992 sono o mafiosi o evasori condannati, e invece stavolta questo tipo di sequestro preventivo finalizzato a confisca colpisce Emilio Spaziante, il generale di corpo d’armata che è stato a un passo dal diventare Comandante generale della Guardia di Finanza. E che — si scopre adesso — negli anni in cui è stato via via Comandante della GdF lombarda nelle più delicate inchieste del pool finanziario della Procura della Repubblica, poi Capo di Stato Maggiore, Comandante interregionale del Centro Italia, Comandante in seconda di tutta la GdF, nonché vicedirettore dell’organo di controllo dei servizi segreti Dis, ha utilizzato una mezza dozzina di ufficiali e sottufficiali GdF come «prestanome» per mascherare il proprio fiume di denaro in contanti di sconosciuta origine. Soldi che — raccontano alcuni dei militari che ora rischiano l’incriminazione per l’ipotesi di riciclaggio — Spaziante asseriva provenissero dai servizi segreti.

Ma dalla Presidenza del Consiglio, nel breve periodo di Spaziante al «Dipartimento delle informazioni per la sicurezza» (Dis) appunto presso Palazzo Chigi, il generale risulta aver percepito «solo» 483 mila euro (e non certo in contanti). Che peraltro, pur sommati ai 617 mila euro di stipendi dalla GdF e ai 19 mila euro di consulenze dall’Agenzia delle Entrate, non bastano (nemmeno guardandola ai redditi dei due figli e della convivente) a spiegare la forbice con gli ulteriori 4 milioni nella sua disponibilità negli stessi 8 anni.

Colpiscono le cifre, ma ancor più le modalità messe a nudo dal Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Venezia, il cui lavoro è l’ossatura della confisca sulla quale il procuratore milanese Edmondo Bruti Liberati ha raccomandato silenzio e che risulta notificata già da almeno tre giorni. Spaziante «consegnava somme in contanti agli ufficiali a lui sottoposti», i quali li versavano in banca sui propri conti, e in seguito «provvedevano a saldare conti e spese del generale e dei suoi familiari», o a staccare assegni utilizzati «per accollarsi all’apparenza il costo» dell’acquisto di immobili «nei quali non avevano alcun interesse», essendo in realtà comprati dal generale.

Sono quelli di cui il giudice Chiara Valori ha disposto la confisca a carico del generale difeso dagli avvocati Francesco Bergamini e Massimo Dinoia. Nella ricostruzione dei vari acquisti (a Roma un’abitazione del generale, una casa della convivente, un immobile della figlia, una vasta proprietà intestata al figlio a Pioraco in provincia di Macerata, e una barca da 450 mila euro che però risulta essere poi stata già venduta a terzi), risalta l’autentica folla di persone coinvolte per celare, con i contanti dati loro dal generale, il vero acquirente: non soltanto suoi ufficiali e sottufficiali, ma anche suoi assicuratori e commercialisti, a loro volta con parenti e conoscenti. «Per trasformare il contante in assegni circolari ed evitare di far emergere l’interezza della somma — dichiara ad esempio un commercialista del generale a proposito dell’acquisto di una delle case — utilizzai i nominativi di mio fratello, mio cugino, mia madre, della mia ex moglie, della mia ex suocera, dell’ex suocero, di mia zia, nonché di due miei collaboratori. Io stesso poi accompagnai il generale Spaziante dal notaio per il rogito, dove gli assegni gli vennero consegnati».

È facile prevedere che il proseguio dell’inchiesta tenterà di capire la fonte del fiume di contanti del generale, che non può certo dirsi esaurita dal segmento dell’indagine veneziana sul Mose che nel maggio 2014 ha perquisito il generale (trovandogli a casa 200 mila euro in contanti), arrestandolo per aver ricevuto dal presidente del «Consorzio Venezia Nuova», Giovanni Mazzacurati, 500 mila euro in cambio di notizie (carpite dentro la GdF) sulle intercettazioni e verifiche fiscali in corso. Per questo fascicolo, trasferito dai pm veneziani Stefano Ancilotto, Paola Tonini e Stefano Buccini per competenza territoriale ai colleghi milanesi Luigi Orsi e Roberto Pellicano, Spaziante (detenuto a Santa Maria Capua Vetere) aveva preferito patteggiare 4 anni.


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