martedì 24 marzo 2015

Il Pd milanese alla ricerca di un altro Pisapia “Serve un candidato forte” spunta il commissario Sala


ORIANA LISO
La repubblica 24 marzo 2015
Nel centrosinistra dubbio primarie: “Niente dogmi” Lega, Salvini si fa avanti: “Si voti subito, mi candido” 
«Le primarie non sono un totem»: lo hanno detto in tanti, in tante occasioni, e l’ha ripetuto domenica pomeriggio anche Giuliano Pisapia, mentre spiegava i motivi per cui non si ricandiderà alla guida di Milano nel 2016. Esempi poco fulgidi di gestione delle competizioni, in casa centrosinistra, ce ne sono diversi nell’ultimo periodo. Ma più che la paura che ci siano opacità, quello che spaventa il centrosinistra milanese è il rischio di trovarsi a gestire un voto con almeno due o tre candidati Pd — con le varie targhe, dai renziani ai civatiani — , un candidato di Sel (magari gradito allo stesso sindaco Pisapia), candidati della società civile, con più o meno possibilità di andare oltre lo zero virgola. Per questo motivo, dalle prime riunioni di emergenza a quelle dei prossimi mesi, l’obiettivo vero è quello di trovare il vero successore del “sindaco gentile”. Un uomo, meno probabilmente una donna, che possa avere la stessa autorevolezza e che tenga assieme una coalizione fatta di anime che definire diverse è spesso un eufemismo. Un’autorevolezza che Giuliano Pisapia si guarda bene dall’usare per relegarsi nel ruolo di garante delle primarie stesse del centrosinistra: all’invito dei partiti, ieri, ha risposto con un “no, grazie” («Resto il sindaco di tutti i milanesi, non posso accettare questo ruolo») che fa ben capire che un ruolo, nella scelta del suo successore, intende averlo.
La strategia che si seguirà, quindi, sarà quella del doppio binario: le primarie non si scartano a priori («Avanti con le primarie, le faremo a novembre», assicurano i partiti riuniti ieri) ma diventano lo sfondo, il piano B. Alessandro Alfieri, segretario regionale del Pd (renziano), non fa fatica ad ammettere: «Le primarie sono la strada maestra, ma non sono un dogma, se siamo tutti d’accordo su una figura autorevole». Fino all’autunno c’è tutto il tempo, del resto, per organizzarle, anche grazie a una macchina di iscritti e volontari che a Milano ha sempre lavorato bene. Se si dovesse arrivare a quel punto, potrebbero essere ben più dei quattro del 2010 a presentarsi, perché questa volta difficilmente il Pd riuscirebbe ad esprimere un unico candidato che soddisfi tutte le anime. Questo è il timore che le segreterie hanno, molto forte: che le primarie si trasformino in un regolamento di conti, con un vincitore finale che, pur avendo la maggioranza dei voti, non uscirebbe comunque come il candidato di tutti (cosa che invece, nonostante le lotte intestine del 2010, ottenne Pisapia).
Da qui l’altro binario, quello che si seguirà sondando riservatamente i possibili nomi (e, forse, anche utilizzando come prova generale delle potenzialità di alcuni nomi la “Leopolda milanese” che il Pd organizza a metà maggio). La figurina che si cerca è di un candidato unico che abbia come dote indispensabile l’essere un altro Pisapia: con altre caratteristiche, certo, ma con la stessa capacità aggregante. Ieri, a domanda diretta, il commissario unico di Expo Giuseppe Sala ha risposto sibillino: «Fino ad Expo inoltrata devo stare concentrato, non concedo neppure a me stesso di pensare a nient’altro che non sia Expo». Bisognerà aspettare fine ottobre per sapere se Sala, che del Comune è stato direttore generale ai tempi di Letizia Moratti, potrà essere quel candidato unico. Avrebbe quel profilo anche Andrea Guerra, l’ex manager di Luxottica caro a Renzi. Mentre a restare spiazzati da questa possibilità sarebbero, ovviamente, i candidati “da primarie”: dai deputati Pd come Emanuele Fiano, Lia Quartapelle e Ivan Scalfarotto a quelli locali, come l’assessore Pierfrancesco Majorino.
Dall’altra parte ci sarà quasi sicuramente il leader della Lega Matteo Salvini, che proprio ieri ha chiesto le dimissioni immediate di Pisapia (respinte dal diretto interessato): «Milano ha bisogno di un sindaco a tempo pieno - ha detto Salvioni - Se serve io sono a disposizione, naturalmente passando dalle primarie ». Un annuncio che, all’indomani della sconfitta in Francia di Marine Le Pen, principale punto di riferimento internazionale di Salvini, viene però accolto dai potenziali alleati del centrodestra. «Salvini è fuori dalla coalizione che immaginiamo», dice l’ex governatore Formigoni (Ncd). Mentre il Mattinale di Forza Italia lo consiglia di «ammorbidire » il suo lepenismo per mettere in piedi un «cantiere comune».

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