mercoledì 18 marzo 2015

Il rammendo delle periferie anche a Brescia


Franco Gheza 
Secondo la ricerca de Il Sole 24 Ore Ravenna sarebbe la città ideale per la qualità della vita. Brescia viene al 26° posto. Milano all’ottavo, anche se non ne sono convinti gli abitanti delle zone sud della città, dove molti appartamenti vengono occupati abusivamente. C’è sofferenza e insofferenza nelle periferie delle grandi città. I focolai della “nuova guerra civile” si moltiplicano nelle periferie di Torino in via Chiesa della Salute, nel quartiere Tor Sapienza a Roma, nel quartiere Scampia a Napoli. Da tempo l’architetto Renzo Piano ripete l’appello per il recupero delle periferie urbane. Pianificare le periferie dovrebbe essere una costante preoccupazione amministrativa, con uguale responsabilità pubblica e privata. A cominciare dalla prima industrializzazione Brescia ne è stata un esempio. Lo testimoniano le centinai di alloggi popolari in Campo Fera, quelli delle Congreghe in via Mazzucchelli, quelli delle fabbriche Beretta e Niggeler & Küpfer in provincia. Si era ben lontani dallo standard ideale di una stanza per persona, ma le periferie di Brescia sono cresciute sui valori della famiglia e del lavoro. Negli anni ’50 don Vender ha pensato ai profughi e agli sfrattati, negli anni ’60 padre Marcolini ha pensato ai flussi di operai che venivano dalla campagna e dal sud per lavorare all’OM. A Brescia i casermoni delle periferie di Milano hanno preso il volto dei villaggi delle periferie dove a tutt’oggi è possibile integrarsi e prevenire la criminalità. Anche da noi le potenzialità del ghetto non sono mancate. Se ti rubavano la bicicletta la trovavi al Carmine. L’ultimo cinema a luci rosse è stato chiuso in via Elia Capriolo. Più recentemente, in via Borgondio, per andare alla sede dei corsi di formazione, i docenti e gli impiegati comunali passavano sotto gli occhi curiosi dalle residue prostitute del vicolo. Nei decenni dell’immigrazione impetuosa il ghetto del Carmine si sarebbe consolidato se gli assessori e i sindaci che si sono succeduti, Bazoli, Papetti, Padula, Martinazzoli, Corsini non vi avessero portato l’Università e incentivato i privati a rammendare e a risanare. A questo obiettivo sono stati dedicati i migliori dirigenti del Comune come Roberto Moreni e Daria Rossi. Ora Del Bono deve stare attento a Via Milano, perché non basta bonificare il terreno della Caffaro senza prevenire il disagio sociale e favorire la società multietnica. Vedendo gli scontri di Tor Sapienza a Roma Papa Francesco invita a discutere, anche negli oratori, non a scontrarsi. “Le città italiane – sottolinea Renzo Piano – sono splendide ma fragili: hanno bisogno di essere protette, come il paesaggio. Il progetto su cui posso lavorare non è tanto per la città storica, che fortunatamente è già protetta, ma per la città che sarà”. Piano si riferisce alle periferie, “bisogna cucirle, bisogna fertilizzarle con strutture pubbliche, bisogna completare le ex aree industriali”; il tutto “senza espandersi ancora sul territorio, che è fragilissimo, anche dal punto di vista sismico e idrogeologico”. La politica è un’arte, conclude Piano intervistato da Fazio, “io penso sempre al giuramento della Polis, in cui i politici giuravano di consegnare al termine del mandato un’Atene migliore di quella che avevano ricevuto”.

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