lunedì 30 marzo 2015

Il gelo di Camusso che resta defilata «Manifestazione di metalmeccanici».


Corriere della Sera 29/03/15
Fabrizio Roncone
«Quando parla il selvaggio?», chiede con aria disgustata e complice Carla Cantone, responsabile dello Spi-Cgil, il sindacato dei pensionati.

 Susanna Camusso si volta, si china leggermente, dagli occhi sprigiona un guizzo azzurrino di sorpresa, come se le avessero chiesto dove andrà in vacanza quest’estate: «Boh. Non ho idea...».

 Maurizio Landini non sente. Si infila la felpa della Fiom, fa ciao alla folla, ride, si pulisce gli occhiali. Molti compagni metalmeccanici alzano il pugno chiuso, molte compagne mandano baci con la mano. Grida di evviva, applausi, fischi di eccitazione, ogni tanto certi attaccano a cantare «Bella ciao».

 Piazza del Popolo, bandiere rosse nel vento del pomeriggio, Stefano Rodotà sta concludendo il suo intervento.

 Da un’ora e 35 minuti tutti però osserviamo Susanna Camusso che è lì, ferma sul penultimo gradino della scaletta di accesso al palco. Ferma, quasi immobile. Mentre il corteo veniva giù dalle rampe del Pincio, avanti lo striscione della Fincantieri, lei - direttamente da Reggio Calabria - è arrivata, è scesa dalla macchina, il servizio di sicurezza della Cgil l’ha tenuta dentro un cordone di braccia e subito l’hanno accompagnata fino a quella scaletta.

E lì è rimasta.

 A un gradino dal palco.

 Presente, ma plasticamente distante.

 E muta. 

Anziani cronisti sindacali dicono che mai s’era visto il segretario generale della Cgil non dire mezza parola a una manifestazione della Fiom.

 Allora il suo portavoce, il burbero Massimo Gibelli, sbuffando, scuotendo la testa perché certe cose non si dovrebbero pensare e tantomeno chiedere, organizza una bizzarra conferenza stampa: lei, la Camusso, in via del tutto eccezionale, si sporgerà dal suo penultimo gradino e farà una breve dichiarazione. 

«Però le domande sono vietate!».

 No, scusa, Gibelli: che conferenza stampa è senza domande?

 «O senza domande, o niente!».

 Irrituale, va.

 «Anzi, facciamo così: i microfoni, per sicurezza, li consegnate a me!», ordina Gibelli.

 Camusso (senza celare un senso di puro fastidio non per Gibelli, ma per noi che vorremmo sentire cosa pensa): «In questa piazza ci sono i lavoratori metalmeccanici iscritti alla Cgil che, giustamente, sono in lotta perché la legge delega riduce i loro diritti».

 Venti secondi. Punto. Fine.

 Sì, certo: dovremmo fare finta che sia solo una semplice manifestazione sindacale. Ma è dura. Perché Landini era stato chiaro da subito. Contro il Jobs act, a Roma, sfilerà una coalizione sociale. Lo slogan è «Unions», richiamo alle origini del movimento sindacale, e però anche numerose sigle non sindacali sono venute in marcia con la Fiom o solo a suo sostegno: Libera, Arci, Articolo 21, Libertà e Giustizia. E poi Rifondazione e L’altra Europa con Tsipras, lo stato maggiore di Sel e pezzi di Pd.

 Per giorni, sui quotidiani e alla tivù, il sospetto: Landini sta piantando il seme di un nuovo partito? Tutti i sospetti sono legittimi, in politica. Ma qui, sotto questo palco, diventa invece forte la sensazione che Landini abbia piuttosto cominciato la scalata alla Cgil.

 La Camusso, del resto, se ne sta lì immobile ma, ogni tanto, le viene spontaneo alzare lo sguardo e farlo scorrere sui ranghi dei manifestanti. Chi sono? Metalmeccanici, certo, però non solo. Colpisce la presenza dei giovani (premiati nell’attesa dall’esibizione del gruppo musicale romano «Il muro del canto»). Ci sono i bancari, i precari della scuola, i movimenti di chi lotta per la casa. Tante le bandiere del vecchio Pci (sotto una di queste, per un tratto, ha camminato anche l’anziano Aldo Tortorella). Ne hanno alzata una del Pd e il manifestante è stato insultato. Del Pd comunque ci sono, come detto, schegge di minoranza parlamentare: c’è Stefano Fassina, c’è Barbara Pollastrini, c’è Vincenzo Vita. Qualcuno sostiene di aver avvistato anche Rosy Bindi.

 I cronisti fanno la conta dei presenti e poi buttano un’occhiata sulla scaletta: sì, la Camusso è ancora lì. Immobile. Chicchissima con il suo completo blu, pantaloni di velluto a coste piccole e maglione dello stesso tono; la bottiglietta d’acqua in tasca, il cellulare con cui telefonare, di tanto in tanto.

 Accanto - uno scalino più in basso - Serena Sorrentino. Chi è questa Sorrentino? La sua presenza, spiegano osservatori esperti, non è casuale. Segretaria confederale dal 2010, 37 anni, napoletana, responsabile delle politiche del lavoro: seria, rigorosa, preparata. Ti raccontano che alla Camusso non dispiacerebbe metterla in corsa per la sua successione, quando sarà (nel 2018).

 Intanto, però, ecco che risale la scaletta lui.

 Maurizio Landini. 

Ora voi dovete sapere che Landini è un tipo distratto. Molto distratto. Uno di quei tipi che ti passano accanto e non si accorgono di te. 

Landini fa così proprio con lei, con la Camusso.

 Così prontamente lo placcano, gli mollano una pacca sulla spalla, oh, Maurizio, guarda che c’è Susanna...

 Lui allora si ferma, torna indietro. E l’abbraccia: «Dai! Diamoci pure un bacio!».

 Lei, gelida, porge la guancia sinistra.

 Bacio.

 A questo punto, Gibelli decide che, per rompere il ghiaccio, non c’è niente di meglio che scattare un bel selfie collettivo.

Camusso: «No. Il selfie, grazie, no».




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