venerdì 13 marzo 2015

La clausola voluta dalla minoranza 
che preferirebbe il proporzionale.


Corriere della Sera 13/03/15
Maria Teresa Meli
«Io non pretendo l’unanimità, ma chiedo lealtà», questa è una delle frasi che Renzi ripete più spesso quando legge le dichiarazioni degli esponenti della minoranza pd che lo accusano di gestire il partito in modo autoritario.

 E con la stessa frequenza il premier ripete anche questa frase: «Abbiamo sempre condiviso il percorso di ogni legge, Italicum incluso, venendo incontro alle esigenze della minoranza». Forse pure troppo. Perché Renzi ha concesso agli oppositori interni di inserire nel disegno di legge costituzionale Boschi la clausola del controllo preventivo della Corte costituzionale sulla riforma elettorale e non si è evidentemente reso conto che così facendo rischiava di darsi la zappa sui piedi. Non perché la Consulta avrebbe potuto bocciare quel ddl. Per un altro motivo, che è stato chiaro quando ieri il presidente della Corte Criscuolo ha giudicato «inopportuno» quel controllo.

 Già perché attaccandosi a quella frase c’è chi potrebbe ricorrere contro il ddl costituzionale proprio perché prevede quel vaglio preventivo giudicato non opportuno dal presidente della Consulta. Insomma, un bel pasticcio. E ora che cosa farà il governo? Ieri alla Camera alcuni renziani consigliavano di togliere quella norma, altri più prudenti suggerivano di pensarci su perché modificare nuovamente il ddl costituzionale con i numeri risicati del Senato potrebbe diventare un problema, a meno che Forza Italia intera, o una parte di essa, come spera Renzi, sia folgorata sulla via del dopo-Regionali e torni sui suoi passi.

  Ma è esattamente sull’insabbiamento che conta una fetta delle minoranze interne, che punta ad affossare tutte le riforme e ad andare alle prossime elezioni con il Consultellum, grazie ai voti segreti previsti alla Camera sulla riforma elettorale.

Nel mirino degli oppositori di Renzi non c’ è la legge elettorale, e nemmeno quella costituzionale, ma Renzi medesimo. Appurato che non riusciranno a riprendersi in mano le chiavi della «ditta», puntano al bersaglio grosso, tenendolo in scacco con la paralisi sulle riforme. Di più: il Consultellum consentirebbe quella scissione che l’altro ieri Cuperlo ha adombrato, anche se ha poi tentato di ridimensionare la portata delle sue parole, e che Civati ormai non nega più con le parole e Fassina nei fatti. 

È vero che il Consultellum ha una soglia molto alta al Senato: l’8 per cento. Ma alla Camera consentirebbe a tante piccole forze politiche di fare il loro ingresso con solo il 2 per cento dei consensi? Basta che tutte insieme creino una coalizione che veleggi sul 10 per cento. Ed è appunto questa la sinistra sognata da chi sta fuori il Pd e anche da una parte di quelli che ci stanno dentro. Da chi pensa che un tipo con il carisma di Maurizio Landini o una donna come Laura Boldrini possa in Italia bissare il successo di «Podemos» o della «Lista Tsipras».

 Tutto ciò con l’Italicum diventerebbe invece un sogno irrealizzabile, perché quella è una legge elettorale maggioritaria che consegna alla lista vincitrice un gran potere decisionale al contrario dell’iper proporzionale Consultellum. 

È questa, dunque, la vera posta in gioco in casa pd, dove la minoranza non riesce a scalzare Renzi in nessun altro modo. 

Ora però toccherà al premier decidere il da farsi. Se puntare tutte le sue carte sul possibile cambio di fronte di FI e togliere quel «controllo preventivo inopportuno» o se lasciarlo lì, tentando la sorte.

 Una cosa è certa, in un modo o nell’altro, Renzi vuole portare a casa innanzitutto l’Italicum. Anche mettendo la fiducia? «Quella vorrei evitarla», ha confidato ai collaboratori. Ma non l’ha esclusa categoricamente.

Nessun commento:

Posta un commento