giovedì 12 marzo 2015

«Io non faccio correnti» Verdini vicino 
al divorzio Le richieste per non lasciare.


Corriere della Sera 12/03/15
Tommaso Labate
«Oh, io alla festa a sorpresa per Silvio ci vado di corsa. Ma nei prossimi giorni aspetto da lui delle risposte. Altrimenti tutti noi dovremmo regolarci di conseguenza». Dietro il «tutti noi» pronunciato da Denis Verdini nel primo pomeriggio, quando insieme a una pattuglia di fedelissimi viene raggiunto dall’invito a festeggiare il ritorno di Silvio Berlusconi a Palazzo Grazioli, ci sono i 17 deputati firmatari della lettera pro-riforme di ieri l’altro e una quindicina di senatori pronti a disubbidire ai diktat di Arcore pur di salvare la legislatura.

 Dietro il «regolarci di conseguenza», invece, c’è quella parola che i forzisti stanno lentamente trasportando dal «dietro le quinte» al proscenio. Non la parola «correnti», visto che — dice il senatore toscano — «io non faccio correnti». Ma la parola «scissione».

 Perché nelle prossime ore o giorni, quando torneranno a trovarsi faccia a faccia, Verdini sottoporrà a Berlusconi un foglietto con tre richieste. La prima è il ritorno alla «gestione collegiale» del partito. Tradotto dal politichese, significa che il senatore toscano ha voglia di recuperare il suo ruolo di uomo-macchina dentro Forza Italia e di uscire dalla penombra in cui è stato messo.

 La seconda è una messa in discussione della linea del no alle riforme. Perché «la gioia e l’affetto per Berlusconi sono alle stelle. Ma non possiamo mica smentire quello che abbiamo scritto nella lettera di ieri», sussurra a un collega il verdiniano Ignazio Abrignani. C’è una terza richiesta. E rimanda al ruolo di Renato Brunetta, che ancora ieri — a Radio anch’io — ha attaccato i ribelli sostenendo che «quando comandava Verdini tutti zitti, adesso che la linea è cambiata tutti chiedono discussioni». Sul capogruppo, il senatore toscano si aspetta «una presa di posizione» da parte di Berlusconi, sulla falsariga della nota al vetriolo che due mesi fa arrivò da Arcore per smentirne le interviste.

 Tre richieste chiare. Tre richieste che Berlusconi potrebbe accettare in blocco solo bevendo l’amaro calice di rinnegare se stesso. Altrimenti, è il sottotesto di Verdini, «tutti noi dovremmo regolarci di conseguenza». La rottura irreparabile. Il divorzio. La scissione, insomma. 

Ma ieri pomeriggio, quando Berlusconi se li ritrova tutti a Palazzo Grazioli, l’atmosfera di guerra lascia il campo al finto armistizio. «Sapete perché non ho il gesso?», chiede l’ex premier indicando il malleolo. «Perché la frattura si è composta. E spero che sarà così anche per noi». Un secondo dopo, come per magia, Brunetta e Verdini si abbracciano. «Sì, l’ho abbracciato», confesserà più tardi il capogruppo, «perché ho stima di lui».

 Anzi, aggiunge, «non solo stima. Anche amicizia, affetto e tanti altri sentimenti belli. Denis ci mette la faccia. Non è colpa sua, è solo che è una vittima di Renzi». Gianfranco Rotondi, altra colonna del neoverdinismo, un altro di quelli indiziati di fare le valigie (per entrare in maggioranza) in caso di rottura, uscendo da Palazzo Grazioli evocherà l’«antica perdonanza». «Il presidente», sorride, «ci ha perdonati per quella lettera. Ma il suo contenuto purtroppo rimane. Abbiamo anche suggellato il tutto con un brindisi senz’alcol, visto che non c’era nulla da bere…».

 All’ora di cena Brunetta, capogruppo sotto attacco, si abbandonerà su una sedia scandendo: «Che ci volete fare? Sono un inguaribile ottimista, io. E voglio credere che, ritrovando Berlusconi, noi abbiamo ritrovato noi stessi». Le tre condizioni poste da Verdini all’ex premier, però, possono cambiare l’happy end. E anche i numeri di Renzi, che accoglierebbe in maggioranza una trentina di forzisti. Col condizionale, quanto mai obbligato.

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