mercoledì 11 marzo 2015

Salario minimo per chi è senza contratto.


Corriere della Sera 11/03/15
Lorenzo Salvia
La somma esatta non è stata ancora definita, anche se si ragiona su una quota intorno ai 7 euro l’ora, forse 6 e mezzo. Ma la decisione è presa e il salario minimo arriverà anche in Italia. I dettagli saranno definiti in uno dei prossimi decreti attuativi del Jobs act , la riforma del lavoro. In particolare in quello sulle cosiddette politiche attive, che dovrebbe riscrivere le regole sul collocamento, e che nel giro di qualche settimana arriverà sul tavolo del consiglio dei ministri. Il governo sarebbe orientato a fissare un’asticella minima per legge solo nei settori che non sono già regolamentati da un contratto nazionale. E – come da principio fissato nelle legge delega – ad applicarla per il momento anche ai contratti di collaborazione, in attesa del loro superamento.

Prima di andare avanti, però, meglio un chiarimento di termini e di sostanza. Il salario minimo non ha nulla a che vedere con il reddito minimo. Il salario minimo è la soglia al di sotto della quale non si può andare quando si paga un dipendente: se fai il cameriere, per dire, non puoi guadagnare meno di sette euro l’ora. È una misura che non riguarda tutti ma solo chi lavora. Il reddito minimo, invece, è una somma che viene garantita per vivere. In realtà le ricette sono diverse: dal reddito di cittadinanza del Movimento 5 stelle, che potenzialmente riguarda tutti, fino alla versione del presidente dell’Inps, Tito Boeri, che scatterebbe al di sopra di una certa età per aiutare gli esodati, quelli che rischiano di avere un buco tra stipendio e pensione. In ogni caso il reddito minimo è una misura che riguarda soprattutto chi non lavora.

L’Italia è tra i pochissimi Paesi avanzati a non avere ancora il salario minimo. Fino a poco fa eravamo in compagnia della Germania che però l’estate scorsa ha fatto il grande passo, fissando la soglia a 8,5 euro. Noi saremo su un livello un po’ più basso, con quei 7 euro l’ora che vanno considerati netti ma non del tutto: su quella somma non bisognerebbe pagare i contributi Inps e Inail ma si potrebbero pagare le tasse a patto di superare il tetto degli 8 mila euro l’anno, uscendo dalla no tax area. Ma perché proprio 7 euro o qualcosina in meno? L’intenzione del governo è di non «spiazzare» i voucher, i buoni lavoro per le prestazioni occasionali che valgono 7,5 euro netti l’ora, la stessa cifra prevista dal contratto dei lavoratori dei call center. Resta da vedere cosa diranno i sindacati, che considerano il salario minimo come un altro modo per metterli all’angolo. Il muro contro muro non sarebbe una sorpresa, visto che ieri il segretario della Fiom Maurizio Landini ha rilanciato la proposta di una referendum abrogativo contro l’intero Jobs act . Il salario minimo, dunque, rischia di diventare il terreno di un nuovo scontro fra governo e sindacati. Ma anche di confronto visto che, come dice la delega, il governo dovrà consultarli prima di decidere. E al di là della guerra di posizione, qualche punto di contatto ci potrebbe essere. Il salario minimo non sarà uno strumento contro la povertà estrema ma aiuterebbe comunque i cosiddetti working poor . Quelli che lavorano ma sono poveri lo stesso. Un club di «fortunati» che con la crisi ha visto salire il numero degli iscritti.


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