Dal dibattito interno sui rapporti col socialismo europeo,
all'ostruzionismo non contro la riforma ma contro il Pd. Così Vendola ha
scelto l'incompatibilità con Renzi.
I giochi si sono scoperti appena si è aperto uno spiraglio per
le modifiche possibili. Ed è uscita fuori una verità che francamente era
evidente da tempo: né Sel né tanto meno Cinquestelle hanno il minimo
interesse al merito della riforma della politica e delle istituzioni. La
battaglia di palazzo Madama ha esclusivamente l’obiettivo politico
dell’indebolimento di Matteo Renzi, del governo e del Pd. E quindi avrà
conseguenze innanzi tutto politiche (considerando che, con qualche
giorno o qualche settimana di ritardo, il destino del senato elettivo è
comunque segnato): la fine di qualsiasi ipotesi di alleanze con i
democratici.
Due cose, tra le tante, si sono dette e scritte all’indomani delle
elezioni europee. Una si è realizzata in pieno: Renzi è ripartito da
quel 40,8 per cento convinto di avere una responsabilità e un urgenza
nuove, un mandato stringente a realizzare gli impegni assunti
sull’ammodernamento del sistema istituzionale.
L’altra previsione del dopo-europee si sta confermando in queste ore:
gli sconfitti nella prova elettorale avrebbero cercato appena possibile
la rivincita in un parlamento dove i numeri sono ancora quelli del
febbraio 2013.
Questo e non altro è il senso dell’ostruzionismo contro la riforma
Boschi. La strada l’hanno aperta i cosidetti dissidenti del Pd, creando
il clima d’opinione nel quale può circolare (senza suscitare particolare
allarme sociale) la paradossale parola d’ordine del colpo di stato. Ma
Chiti, per quanto possa sbagliare, è persona seria. E quando ieri su sua
iniziativa (dopo la lettera di Renzi) sembrava riaprirsi lo spazio del
dialogo e del miglioramento dei testi, ciò che è rimasto sul terreno,
ben visibile, è appunto il nucleo di un’opposizione non alle riforme
bensì ai nuovi equilibri politici e alle speranze che hanno suscitato
nel paese.
Alla luce dell’irrigidimento vendoliano si capiscono meglio le
ragioni della scissione che ha colpito quel partito. Da quando dentro
Sel si dibatteva sui rapporti col socialismo europeo, l’involuzione è
clamorosa. Troppo netta per non causare conseguenze. Il profilo di un
partito che voleva interpretare «una sinistra di governo» è tornato a
somigliare ai gruppi extraparlamentari di una volta, che del resto sono
la provenienza di alcuni dirigenti: un’entità politica il cui spazio
elettorale, stante M5S, è da verificare; ma che appare totalmente
inconciliabile con il progetto del Pd per l’Italia.
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