Nella partita europea tutti stanno con il premier. E allora lui
passa all'incasso delle riforme necessarie a sostenere le battaglie di
Bruxelles. Si comincia con Berlusconi.
C’è una relazione diretta, immediata, tra la giornata campale di
Matteo Renzi a Strasburgo e l’accelerazione romana sulla riforma del
senato e sull’Italicum.
Al ritorno dall’insediamento del parlamento europeo, il presidente
del consiglio ha trovato un quadro politico nazionale cambiato. Stavolta
non perché in sua assenza si fossero verificati incidenti nel Pd. Al
contrario. Il modo col quale Renzi ha definito i termini del
confronto-scontro con il blocco guidato dalla Germania consegna al
premier un consenso quasi unanime, tra i partiti e sui media.
Intuitivamente, i suoi numeri nell’opinione pubblica devono essere
ulteriormente saliti: definitivamente, Renzi è l’avvocato del paese, la
persona alla quale l’Italia affida la difesa delle proprie buone
ragioni.
Renzi sa bene che queste buone ragioni non possono essere agitate in
Europa con la pretesa di essere dalla parte del giusto “a prescindere”.
Basti il riferimento a come in Italia i fondi europei vengono spesi, non
spesi, mal spesi o semplicemente derubati, per motivi che hanno a che
vedere con la burocrazia, con la lentezza dei processi autorizzativi,
con la cattiva giustizia, con la disonestà del ceto politico e
imprenditoriale.
Da oggi in poi, insieme a un consenso aumentato, Renzi ha un
argomento decisivo: io non ho paura di scornarmi con i poteri forti
europei per ottenere non nuove regole ma nuove politiche per l’Italia e
per la Ue; ho conquistato sul campo una forza che va oltre i confini;
qui in patria però non potete colpirmi alle spalle: le riforme delle
quali mi faccio forte all’estero le dobbiamo fare davvero, in fretta.
Non c’è mai stato dubbio che Berlusconi sarebbe rimasto fedele al
patto del Nazareno, a dispetto dei mal di pancia. Il suo interesse
politico e personale è tutto nel rispetto di quell’accordo. Ed è
paradossale – si sfiora il ridicolo – dover ascoltare forzisti delusi
che denunciano il conflitto di interessi che spinge ora a difendere
Mediaset a scapito del presidenzialismo: benvenuti nel mondo reale, così
diverso dalla stanza dei balocchi nella quale Berlusconi vi ha
allevato.
Percorso e maggioranze per le riforme rimangono gli stessi: è stato facile prevedere
breve durata per il dialogo con M5S. Ora si potranno rivedere, essendo
il governo più forte, gli aspetti più opinabili dei testi di riforma. A
cominciare dal legame pericoloso tra le maggioranze che si creano alla
camera e nel nuovo senato, e l’elezione del capo dello stato.
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