Corriere della Sera 06/07/14
Lorenzo Salvia
Il futuro del Cnel, il
Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, non è appeso
soltanto al disegno di legge costituzionale con il quale il governo
lo vorrebbe sopprimere. Ma anche ad un centinaio di pagine che da
giovedì scorso sono sul tavolo della Procura regionale del Lazio
della Corte dei conti.
È il rapporto sulla chiusura delle
indagini trasmesso dal nucleo di polizia tributaria della Guardia di
Finanza di Roma.
Un’inchiesta partita più di un anno fa per
verificare la correttezza delle procedure seguite per l’affidamento
delle consulenze esterne tra il 2008 e il 2011. E arrivata alla
conclusione che, per quei 158 incarichi, ci sono state gravi
irregolarità. Con l’ipotesi di un danno erariale, cioè alle casse
pubbliche, per 2,6 milioni di euro a carico dei consiglieri che hanno
votato le delibere e dell’allora ufficio di presidenza.
Le
irregolarità contestate sono di due tipi. Per i 54 contratti
stipulati con centri di ricerca viene ipotizzato un «danno alla
concorrenza» perché ogni contratto doveva essere preceduto da una
gara con almeno 5 operatori di mercato.
Così non è stato. E il
danno viene quantificato in 200 mila euro, il 10% circa della somma
spesa complessivamente per questo tipo di incarichi, pari a 2,2,
milioni di euro. I 200 mila euro — si sostiene nel rapporto della
Guardia di Finanza — andrebbero addebitati, per ogni singolo
contratto, ai consiglieri che hanno votato a favore e anche a quelli
che si sono astenuti. All’epoca i consiglieri erano 121. Se ne
salverebbe uno solo, Roberto Orlandi, adesso presidente dell’Ordine
nazionale degli agronomi, che aveva sempre votato no facendo mettere
agli atti le sue perplessità.
Poi ci sono le 104 consulenze
affidate a persone fisiche, per un totale di 2,4 milioni di euro.
Incarichi inutili, secondo la Guardia di Finanza, perché si poteva
provvedere tranquillamente con risorse interne allo stesso Cnel.
In
questo caso l’intera somma dovrebbe essere addebitata, come danno
erariale, ai sei componenti dell’ufficio di presidenza dell’epoca:
il presidente Antonio Marzano, il segretario generale Michele Dau, i
vicepresidenti Vittorio Fini (in quota Confindustria), Giuseppe
Acocella (Cisl), Bernabò Bocca (Confcommercio) e Salvatore Bosco
(Uil).
Dopo la chiusura delle indagini da parte della Guardia di
Finanza, la Procura regionale della Corte dei conti procederà con
gli inviti a dedurre, sorta di avviso di garanzia con il quale si
chiede ai diretti interessati di fornire la propria versione dei
fatti. Solo dopo questo passo la Procura potrebbe passare gli atti di
citazione, una sorta di rinvio a giudizio per i procedimenti di
questo tipo.
Nel frattempo a Villa Lubin, la sede nel Cnel sotto
i pini di Villa Borghese, il clima è da ultimi giorni dell’impero.
Il 25 giugno l’assemblea ha chiesto, per la quarta volta in tre
anni, la sfiducia di Franco Massi, segretario generale dal 2011.
Motivo della mozione — approvata con 25 voti sì, quasi tutti della
componente sindacale — era l’assenza in aula dello stesso
segretario generale.
In occasione delle tre precedenti sfiducie,
il segretario generale Massi aveva poi scritto alla presidenza del
Consiglio mettendo in fila i numeri dell’«auto spending review»
decisa dal Cnel dopo il suo arrivo.
La spesa annua del Consiglio
è passata dai 18,5 milioni di euro del periodo 2008/2010 ai 12,7
milioni del periodo 2011/2013. Un risparmio del 35%. Possibile, manco
a dirlo, tagliando le consulenze esterne.
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