La Repubblica -5/7/14
ANDREA MONTANARI
ROBERTO Maroni assicura che la sua
riforma della sanità «non si farà condizionare dal mondo dei
privati perché non ha interessi da nascondere », ma dopo due
vertici consecutivi con la maggioranza che sostiene la sua giunta è
stato costretto ad ammettere che il suo libro bianco presentato ieri
in pompa magna «non è la bibbia, ma solo una serie di proposte».
Il governatore sa infatti che dovrà fare i conti con la sua
maggioranza divisa. A partire da Forza Italia che ancora ieri con la
coordinatrice regionale Mariastella Gelmini ha chiarito senza usare
giri di parole che «il modello lombardo non va stravolto».
Il Nuovo centrodestra con il
coordinatore Alessandro Culucci parla di «maggioranza compatta per
il bene dei lombardi », ma era disposto ad aprire la crisi pur di
difendere il concetto di libertà di scelta introdotto da Formigoni
nel 1997. Un concetto che la Lega ha dovuto ingoiare e si vede.
«Crediamo nella libertà di scelta tra pubblico e privato —
precisa il leghista Massimliano Romeo — ma siamo per un
rafforzamento della sanità pubblica».
Per non parlare del nuovo
superassessorato al Welfare voluto da Maroni con l’unione delle
deleghe della Salute e della Famiglia che ora «viene rimessa
all’attenzione delle forze politiche e sociali». Un passo indietro
obbligato dopo lo stop al progetto sia di Forza Italia che di Ncd.
Non l’unico se si pensa che durante l’ultima riunione di
maggioranza, giovedì mattina, si è sfiorata la rissa e si è
litigato per ore solo su un concetto. Il passare dalla «presa in
carico del malato» al «prendersi cura» del paziente. Punto sul
quale i ciellini sono stati irremovibili. Come lo sono stati nel non
dare spazio alla possibilità che sia un assistente sociale e non il
paziente a scegliere la struttura dove curarsi e a modificare
l’attuale meccanismo di accreditamento. Procedure che, per la
verità, nessuno aveva deciso di cambiare.
Nel libro bianco, inoltre, non c’è
traccia, per esempio, della revisione del sistema delle nomine nella
sanità che aveva chiesto con forza la commissione dei saggi guidata
da Umberto Veronesi per rendere indipendenti i manager sanitari dalla
politica. Le Asl cambieranno nome e diventeranno «agenzie», ma non
si sa quante saranno. Vale lo stesso per le Ais, le aziende integrate
per la salute. Resta l’acronimo, ma non è specificato il loro
numero. Inizialmente, nel progetto dell’assessore regionale alla
Famiglia Maria Cristina Cantù, dovevano essere 15. Non si parla di
nuovi criteri per l’assegnazione delle funzioni non tariffabili.
C’è un capitolo sul modello toscano delle Case della Salute,
nonostante già si sa che Forza Italia non sarà mai disposta ad
accettarlo.
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