Internazionale 30 luglio 2014
Gerhard Mumelter
È impossibile spiegare a un lettore
straniero com’è possibile che un partitino agonizzante come Sel
possa bloccare il parlamento italiano con oltre seimila emendamenti
alla riforma costituzionale. Un partitino che nei sondaggi viaggia
sul 2 per cento e nel quale una taliban come Loredana De Petris ha
firmato di propria mano oltre cinquemila emendamenti per diventare
l’eroina dell’ostruzionismo trasversale.
L’Italia ha perso 9 punti di pil, ha
sei milioni di poveri, il tasso di disoccupazione giovanile sta
arrivando al 40 per cento, la situazione economica rimane drammatica.
Ma questa emergenza non sembra minimamente contagiare l’aula
foderata di palazzo Madama, che somiglia a un circo: cori da stadio,
scene isteriche, insulti volgari, accuse di fascismo e dittatura
strisciante e l’invito imbarazzante di Vito Crimi del Movimento 5
stelle a “tirare fuori le palle”. Il vergognoso caos al senato
conferma la vocazione italiana al teatrino politico, alle beghe
ideologiche, la predilezione per le barricate e il muro contro muro.
La passione per i cavilli, commi, sofismi e cortocircuiti per
rallentare le votazioni a tutti i costi.
Mentre in altri paesi in tempi di crisi
si antepongono gli interessi del paese alle differenze politiche,
ideologiche o religiose, in Italia si lotta con accanimento per
affossare ogni cambiamento. L’Italia è un paese all’inverso, che
da sempre tollera con benevolenza la dittatura delle minoranze. Per
decenni gli italiani si sono piegati alla prepotenza di camionisti e
controllori di volo, alle proteste di corporazioni come avvocati o
farmacisti, a sindacati che hanno bloccato Pompei per alcune
assemblee, ai musei chiusi per scioperi selvaggi, alle prime
di opere e teatri saltate per la protesta di qualche decina di musicisti. Si sono rassegnati all’isterismo e alla prepotenza dei tifosi negli stadi e ai blocchi dei forconi.
di opere e teatri saltate per la protesta di qualche decina di musicisti. Si sono rassegnati all’isterismo e alla prepotenza dei tifosi negli stadi e ai blocchi dei forconi.
È difficile far capire a un lettore
straniero l’esultanza del Fatto quotidiano perché il suo “appello
contro i ladri della democrazia” è stato firmato dallo 0,2 per
cento della popolazione. Con lo slittamento dell’ennesima riforma a
settembre, l’Italia si conferma come paese dell’immobilismo, del
settarismo e dell’eterna cialtroneria parlamentare. Dove chi cerca
di sbloccare il paese deve temere sgambetti da tutte le parti, anche
dalla propria.
Un paese in mano a un partito potente,
anche se non ufficialmente costituito: quello contro le riforme. E le
penose sceneggiate che vediamo quotidianamente in senato non fanno
prevedere nulla di buono per il futuro del bel paese.
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