Riccardo
Imberti
Le drammatiche immagini del conflitto riesploso in questi giorni in medio oriente tra Israele e Hamas nella striscia di Gaza hanno suscitato in me, oltre al naturale dolore per le tante vittime e le distruzioni, una reazione di rabbia di fronte all'insipienza del mondo che, oggi più che in passato, si dimostra indifferente al ripetersi di un conflitto che dura ormai da decenni.
Con
il rischio di apparire antisemita, non me la sento di tacere e di
esprimere la più ferma condanna per questa nuova ondata di guerra
che giorno dopo giorno ha più il carattere di un massacro, date le
profonde differenze delle forze in campo e
le "bombe intelligenti" israeliane centrano ospedali, case,
cimiteri con un numero spropositato di vittime civili, donne e
bambini.
E
a fronte di atti così drammatici non si scorge un sussulto di
reazione da parte degli organismi internazionali, ingessati da
vecchie liturgie e da veti antistorici, che li rendono ogni
volta incapaci di incidere nei confronti di conflitti che
appaiono assurdi, ingiustificabili e verso i quali spesso prevale il
formalismo quando non l'indifferenza.
Hamas
è visto, in gran parte dell'occidente, un tutt'uno con il
terrorismo, ma questo non è vero e lo sa bene Israele che attraverso
questa lettura, ha potuto, in tutti questi anni continuare
indisturbata nell'espansione del perimetro del suo territorio a
scapito della Palestina. Ci sono mappe che raffigurano
drammaticamente questa espansione senza che nessuno al mondo abbia
potuto impedirlo. In tanti di noi in questi anni abbiamo guardato con
favore agli sforzi di pace, ai colloqui di volta in volta
promossi per arrivare alla costituzione di due stati sovrani, ma la
matassa è difficile da sbrogliare ed ognuno dei contendenti procede
nella direzione che più gli conviene in attesa di mutamenti sempre
più difficili e lontani.
Oggi
i più attenti osservatori sanno che il popolo palestinese fatica a
riconoscersi in Fatah e il suo Presidente Abu Mazen perchè le
condizioni di semilibertà in cui si trova a vivere privilegia la
scelta più radicale di Hamas.
La
miopia di questa politica, assecondata da una grave assenza
dell'Europa, dalla copertura colpevole degli Stati Uniti e
dall'indifferenza delle altre grandi potenze del mondo, fa si che il
rischio per Israele sia un conflitto che non si ferma alla striscia
di Gaza, visti gli scenari drammatici che stanno investendo la Siria,
l'Iraq e il Libano e il tentativo sempre più evidente dell'Iran, di stringere rapporti e dare copertura e aiuti all'ala radicale armata di
Hamas.
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