Corriere della Sera 26/07/14
Fino a un paio di anni fa le vicende
giudiziarie di Berlusconi radicalizzavano gli elettori: i
berlusconiani si indignavano per ciò che veniva considerato un
complotto della magistratura politicizzata ai danni del loro leader e
gli antiberlusconiani per i reati di cui il Cavaliere veniva
accusato. Questo copione, durato quasi vent’anni, ha subito una
battuta d’arresto un anno fa, in occasione della sentenza
definitiva di condanna per i diritti Mediaset, a conferma del
cambiamento del clima sociale e politico dopo il voto del 2013: con
l’affermazione dell’M5S si è creato uno scenario tripolare che
ha sostituito quello bipolare della Seconda repubblica; il Pdl ha
subito un tracollo perdendo 6,3 milioni di elettori rispetto al 2008
e il perdurare della crisi economica ha modificato le priorità dei
cittadini. Tutto ciò spiegava la mancata mobilitazione degli
elettori del Pdl e la loro volontà di continuare a sostenere il
governo di larghe intese guidato da Enrico Letta nonostante la
condanna di Berlusconi e le conseguenti minacce di uscita dalla
maggioranza. All’indomani della sentenza d’appello del processo
Ruby, che ha assolto Berlusconi ribaltando il verdetto di primo
grado, si ha la conferma di questo cambiamento del clima. Con poche
eccezioni, non ci sono state reazioni di indignazione o di
trionfalismo da parte degli elettori: la maggior parte degli italiani
(34%) ritiene che la sentenza sia una libera decisione dei magistrati
e come tale non vada discussa ma accettata; il 31% pensa che sia una
sentenza sbagliata e il 25%, al contrario, la considera giusta. Tra
gli elettori del Pd il 46% ritiene che le sentenze non vadano
discusse, il 41% giudica la sentenza sbagliata e quasi un elettore su
dieci è d’accordo con l’assoluzione. Tra gli elettori di Forza
Italia quattro su cinque plaudono alla sentenza e, al contrario, il
7% la giudica sbagliata. Si è quindi fortemente attenuato il
giustizialismo tra gli elettori pd (la cui composizione è molto
cambiata in occasione delle Europee) e tra quelli di FI fa capolino
qualche dubbio sui comportamenti del loro leader. Solo un elettore su
tre ritiene che con la sentenza di assoluzione Berlusconi possa
tornare ad essere il leader del centrodestra mentre prevale
largamente (63%) l’idea che sia ormai superato. Tra gli elettori di
FI una minoranza non trascurabile (22%) è dello stesso parere. Lo
scetticismo si spiega non tanto in termini di limitata agibilità
politica di un leader che sta scontando una condanna (che finora non
gli ha impedito di svolgere il proprio ruolo, come dimostra il patto
del Nazareno) quanto in termini di ricambio generazionale. Berlusconi
rimane difficilmente sostituibile, ma appartiene ad una stagione
politica che secondo molti si è chiusa. Ne è una conferma anche la
perplessità che accompagna l’ipotesi di definizione di una nuova
alleanza tra Forza Italia e le altre formazioni del centrodestra:
solo il 33% ritiene che dopo l’assoluzione di Berlusconi questa
possibilità sia realistica mentre il 59% pensa che sia difficile
alleare partiti tanto diversi. L’elettorato di FI è molto diviso
in proposito: gli ottimisti rappresentano il 50% e i pessimisti il
46%. Tra gli elettori del Ncd e i centristi il 57% non sembra credere
a un’alleanza sulla cui composizione, peraltro, le opinioni sono
tutt’altro che univoche: il 49% ritiene che per il centrodestra
sarebbe più opportuno unire le formazioni più moderate, escludendo
quelle che hanno posizioni più estremistiche, mentre per il 41%
sarebbe più utile aggregare tutte le forze: FI, Ncd, Fratelli
d’Italia e Lega Nord. Nell’elettorato berlusconiano quest’ultima
è l’opinione prevalente (55%), alla quale si contrappone una
consistente minoranza (38%) che auspica un accordo limitato alle sole
forze moderate. La fase di difficoltà del centrodestra è
testimoniata dai risultati elettorali, prima ancora che dai sondaggi:
alle Europee i quattro partiti principali che lo compongono hanno
ottenuto 8,5 milioni di voti (contro i circa 14 del 2009) e
rappresentano il 17% degli elettori. Per risalire la china il tema
dell’alleanza e quello della leadership appaiono inderogabili
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