Se e quando il presidente dell'Emilia Romagna sarà giudicato
innocente, avremo perso uno dei migliori amministratori per l'incapacità
di distinguere tra casi giudiziari diversi
Dovrà pur arrivare il momento in cui si spezza la catena per cui
qualsiasi tipo di provvedimento giudiziario diventa di per sé, senza la
minima valutazione di merito, motivo per espellere un amministratore
dalla vita politica, interrompendo il suo lavoro.
E pazienza se toccherà affrontare le ingiurie, che tanto arrivano lo
stesso: sì, la catena andrebbe spezzata oggi, oggi che un ottimo
presidente di Regione nonché commissario di governo per la ricostruzione
dell’Emilia terremotata si sente costretto a mollare tutto dopo una
condanna in appello che rovescia un’assoluzione in primo grado, e che
non riguarda né mazzette né corruzione ma la fondatezza di un intervento
di chiarificazione che Vasco Errani si sarebbe potuto risparmiare e che
invece volle fare per allontanare l’ombra del sospetto di favoritismo.
Conoscendo Errani, su due cose si può scommettere: che sia una
persona di assoluta onestà; e che non ritirerà le dimissioni annunciate
ieri, nonostante la richiesta che gli arriva non solo dal Pd ma da tutti
gli amministratori del suo territorio, dalla Confindustria, dall’Anci,
dai sindacati.
Questo fa riflettere. Quando – fra un anno, due anni, chissà – il
terzo grado di giudizio decreterà che Errani non ha commesso alcun
“falso ideologico”, che cosa dovremo pensare? Di aver perduto uno dei
migliori amministratori d’Italia per colpa d’una sentenza su un fatto
minore scaturita magari dall’esigenza suggerita nell’arringa del pm:
«Bisogna dare un segnale»?
In un paese dove ormai sindaci e assessori non muovono una penna
dalla scrivania per paura di un avviso di garanzia, è il tempo di
recuperare la norma di civiltà che consente di distinguere su merito e
gravità delle accuse. Possiamo permetterci di scriverlo qui, oggi, per
un caso che coinvolge un amministratore del Pd, perché ci siamo tenuti
alla larga dal cannibalismo giudiziario che ha nutrito politica e
giornalismo per vent’anni.
Forse il principio potrebbe affermarlo anche Matteo Renzi, emancipato
com’è dal ricatto giustizialista. Che ne abbia voglia o possibilità, è
un altro discorso.
Infine, a proposito: buona notizia, per loro, che Berlusconi figlio e
Confalonieri siano stati assolti per Mediatrade. Si sono già fatti vivi
gli sciocchi convinti che i due siano stati protetti in quanto recenti
sostenitori del governo: fateci caso, lo dicono gli stessi che di solito
strepitano in difesa dell’indipendenza dei giudici.
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