GOFFREDO DE MARCHIS
La Repubblica – 19/07/14
Il leader Pd ironizza sul no dei grillini a nuovi incontri: “Sono come le targhe alterne, ma cercheremo fino all’ultimo di tenerli dentro”
«Per me non cambia niente. Facciamo le
riforme perché servono all’Italia e perché ci crediamo, a
prescindere dalle sentenze», dice Matteo Renzi ai suoi
collaboratori. Stando molto attento a rimanere lontano dai commenti
ufficiali, il premier ora è molto più ottimista sulla riforma del
Senato. Non è un caso che abbia deciso, ieri, di spostare la
direzione del Pd dal 24 al 31, senza prevedere un ulteriore
slittamento ad agosto. Per la fine del mese è sicuro di potersi
presentare davanti al suo partito avendo in tasca l’approvazione in
prima lettura della modifica costituzionale. «Sarà l’occasione
per dimostrare a tutti che anche in Italia si possono cambiare le
cose. E la fine del bicameralismo perfetto è una riforma enorme».
Questa fiducia dipende anche
dall’assoluzione di Berlusconi. A Palazzo Chigi non ne nascondono
l’impatto positivo soprattutto pensando all’ipotesi contraria.
«Se l’appello avesse confermato la condanna a 7 anni Berlusconi
sarebbe politicamente morto. Forza Italia sarebbe diventata una
polveriera e i frondisti avrebbero avuto campo aperto», ripetono i
renziani più stretti. Così no. Così «Berlusconi è molto più
tranquillo, non teme ricatti ». E, come dice spesso Renzi, nei suoi
discorsi privati «farà il percorso delle riforme fino in fondo
provando ad uscirne con l’immagine dell’uomo di Stato ».
Un’immagine che, da ieri, non ha la macchia di una condanna per
prostituzione minorile e concussione. «Siamo in dirittura di arrivo
— spiega Renzi facendo finta che non sia successo niente a Milano —
. Lavoriamo sodo per portare a casa il risultato. Dimostriamo che si
può cambiare se si vuole davvero».
Ieri notte Renzi è partito per una
visita di Stato in Africa: Mozambico, Congo e Angola. Tornerà in
Italia lunedì sera. Ora ha molte più certezze sulla riforma del
Senato. Non vede nubi nemmeno sull’Italicum. Anche se il piano B
del dialogo con i 5stelle ha registrato un blocco totale. Beppe
Grillo ha fatto saltare il tavolo dopo la sentenza Ruby. «Colloqui
finiti, non ci saranno altri vertici», ha ordinato ai suoi. Commento
del premier: «Se mi voleva fare un regalo, non potevo sperare in uno
più grande». E il secondo forno? «Grillo dimostra che voleva
entrare in partita solo per mettere i bastoni fra le ruote alle
riforme, voleva solo crearci problemi», spiega al suo staff l’ex
sindaco di Firenze. Una mossa «pazzesca e sbagliata», secondo lui.
«Come volevasi dimostrare non hanno fatto in tempo a sedersi al
tavolo che subito arriva la voce del Padrone, la sconfessione a mezzo
blog». Ma non è un motivo sufficiente per far saltare il ponte.
Palazzo Chigi cercherà di mantenere i contatti. Al premier interessa
molto il ballottaggio di lista (invece di quello di coalizione) e una
via d’uscita sulle preferenze, che rappresentano l’ultimo
ostacolo dentro il Pd. «Voglio continuare ad avere fiducia nei
ragazzi grillini — insiste Renzi mettendo il dito nella piaga — .
C’è evidentemente una tensione dentro il movimento». Allora Renzi
proverà «a tenerli in gioco fino all’ultimo ». Senza rinunciare
a fare breccia nelle contraddizioni grilline. Per allargare il solco
tra falchi e colombe. Il bersaglio è sempre Grillo: «Ieri era
dispari ed erano favorevoli, oggi è pari e cambiano idea. Sono come
le targhe alterne, bisogna prendere il giorno giusto ». Il punto, al
di là delle battute velenose, è che Renzi non molla il fronte
5stelle. E l’approvazione della riforma del Senato gli darà una
mano, questa è la sua convinzione.
La nuova data della direzione significa
che il Pd e il suo segretario considerano superato lo scoglio
dell’ingorgo parlamentare, ultima scialuppa dei dissidenti per far
slittare il voto a settembre e segnare un punto contro Renzi. «Faremo
tutto entro luglio», giura il premier. Il commento ufficiale del Pd
sulla sentenza Ruby è affidato al vicesegretario Debora
Serracchiani. «Il nostro rispetto per le sentenze della magistratura
non è uno slogan: vanno rispettate sempre, anche oggi», dice la
governatrice. «Rimango convinta — aggiunge — che le vittorie
elettorali non si costruiscono nelle aule di giustizia ma con la
forza delle idee e il lavoro quotidiano per affermarle. Il nuovo
corso del Pd sta concretizzando questa idea». È la rivendicazione
del 40,8 per cento delle Europee. Su Grillo Serracchiani è secca:
«La sua intolleranza non è neanche più una scelta politica, è una
patologia del conducator». Anche lei gioca sulle divisioni interne
al Movimento: «Grillo dovrebbe sapere che la credibilità personale
in politica conta e che lui se la sta giocando un pezzo alla volta,
anche nei confronti dei parlamentari».
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