Corriere della Sera 20/07/14
Decine di donne arruolate e pagate per
partecipare alle feste del presidente del Consiglio, alcune
disponibili anche a fermarsi per la notte. Giovani imprenditori,
aspiranti attrici e noti faccendieri desiderosi di assecondare le
richieste e i voleri del premier per essere inseriti nella ristretta
cerchia dei suoi privilegiati. La sentenza della Corte d’appello di
Milano non smentisce quanto è stato raccontato da chi ha partecipato
a quelle serate oppure ha potuto trascorrere le vacanze a Villa
Certosa.
La maggior parte di queste persone è stata foraggiata
per anni con stipendi mensili, lussuose abitazioni, elargizioni una
tantum, incarichi aziendali e politici: l’elenco comprende decine
di «Olgettine», Gianpaolo Tarantini, Sabina Began, Nicole Minetti.
E poi c’è chi ne ha tratto vantaggi affaristici come Valter
Lavitola, oppure come Sergio De Gregorio. Tutti protagonisti di altri
processi o inchieste tuttora in corso. Tutti testimoni della vita
condotta da Silvio Berlusconi quando era alla guida del governo e
dunque potenziali ricattatori perché partecipi di ciò che lo stesso
presidente ha sempre cercato di nascondere.
Ribaltando la
sentenza del tribunale, i giudici di appello di Milano hanno detto
che Berlusconi non ha commesso reato telefonando ai funzionari della
Questura per far liberare Ruby e non hanno ritenuto dimostrato il
rapporto sessuale tra i due, oppure la consapevolezza che la ragazza
marocchina fosse minorenne. E hanno deciso di assolvere. È uno dei
passaggi fisiologici del processo che dimostra quanto liberi dalla
politica siano i giudici e quanto infondato e lontano dai reali
problemi della giustizia sia il dibattito che ha segnato gli ultimi
anni. Ma questo non vuol dire che non si dovesse accertare quanto
accaduto, né che non si debba continuare a farlo. Anche perché la
sentenza di venerdì affronta soltanto uno degli aspetti che hanno
segnato la vita di Berlusconi primo ministro.
Altri giudici,
baresi, diranno se c’è stato favoreggiamento e induzione della
prostituzione da parte di Tarantini e Began nel mettere in piedi la
scuderia di donne a disposizione del premier, proprio come avrebbero
fatto Lele Mora, Emilio Fede e la stessa Minetti che per questo sono
già stati condannati dal tribunale a svariati anni di carcere. Ma
anche se i soldi versati da Berlusconi a Tarantini — con la
mediazione di Lavitola — fossero il prezzo del silenzio sui
rapporti del presidente del Consiglio con quelle escort. Ancora altri
giudici, napoletani, stabiliranno se i soldi versati da Berlusconi a
De Gregorio fossero il prezzo per il voto dei parlamentari utile a
indebolire e poi far cadere il governo Prodi.
Questa è stata
l’immagine offerta dall’Italia quando Berlusconi era a Palazzo
Chigi. E non si tratta di intrusioni nella vita privata ma di cronaca
dei fatti. Nessun personaggio pubblico, tantomeno un rappresentante
delle istituzioni, può ritenere che la sua sfera personale non abbia
rilevanza. Soprattutto se decide di mantenerla segreta e come tale
esposta al ricatto. Tanto più se sceglie di pagare rendendola
inconfessabile. E così espone sulla scena internazionale il Paese
fino a convincere i leader di altri Stati sull’inaffidabilità
dell’intero sistema
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