Cinquanta morti nella Striscia, missili su Israele. L’invasione
potrebbe cominciare presto, dice Peres. L’America chiede un allentamento
della tensione, dai leader minacce incrociate
Tutti i segnali dicono: guerra. Non c’è ancora un ultimatum, una
data per l’attacco di terra israeliano contro Gaza. Ma gli eventi
sembrano scivolare verso l’esplosione di un conflitto su più larga
scala. Questo, almeno, senza un intervento esterno che fermi l’inerzia.
Persino una “colomba” come il presidente israeliano Shimon Peres,
intervistato ieri sera dalla Cnn, riconosceva che l’offensiva di terra
potrebbe essere «imminente». Quello di Peres non era un ultimatum, al
contrario. Il presidente uscente ha spiegato che «faremo tutto il
possibile per evitare l’attacco di terra»: se però il lancio di razzi
dalla Striscia di Gaza non si fermerà, la guerra sarà inevitabile. Più
che una minaccia, un disperato invito alla ragionevolezza.
Le due parti del conflitto, però, continuano a rimpallarsi la
responsabilità della crisi di questi giorni. Benjamin Netanyahu invoca
il diritto all’autodifesa di Israele, e insieme annuncia di voler
«annientare» Hamas. Dal canto suo il leader politico del movimento
islamista, Khaled Meshaal, ieri ha puntato il dito contro il governo
israeliano, colpevole – a suo dire – di aver fatto «naufragare il piano
di pace di John Kerry». Hamas insomma, mentre minaccia di fare strage di
israeliani, indica per la prima volta come punto di riferimento la
mediazione americana.
Può suonare quasi come un appello agli Stati Uniti. Barack Obama, per
ora, sta mandando avanti i portavoce della Casa Bianca. Che dopo aver
ribadito il diritto di Israele all’autodifesa, hanno anche chiesto a
«entrambe le parti di procedere a una de-escalation della tensione».
Difficile che accada, senza l’intervento di un mediatore. Un ruolo
svolto in passato dall’Egitto, i cui rapporti con Hamas, però, si sono
raffreddati dopo l’ascesa al potere del generale Abdel Fattah al Sisi e
la messa al bando della Fratellanza musulmana.
Ad oggi è difficile immaginare l’avvio di una trattativa. Il conto
delle vittime da parte palestinese, ieri sera, era salito oltre quota
cinquanta, in massima parte civili. Nessuna vittima israeliana, ma i
razzi lanciati dalla Striscia hanno colpito a più di cento chilometri di
distanza da Gaza.
Il segretario di stato americano John Kerry conclude oggi il suo
viaggio in Cina. Ha già avuto contatti con Netanyahu, non ancora col
palestinese Abu Mazen. Ma senza una mediazione attiva – e in tempi
rapidissimi – «il sangue chiamerà altro sangue», ammette uno sconsolato
Peres.
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