Corriere della Sera 12/07/14
Paolo Lepri
Cristiani, ebrei e musulmani
pregheranno un giorno sotto lo stesso tetto qui nella Fischerinsel,
la parte finale dell’Isola dei Musei, alle spalle dell’Unter den
Linden. Tanto tempo fa questa era Cölln, insediamento medievale che
fu unito a Berlino nel Settecento. Se la città potesse parlare,
racconterebbe quindi un percorso di secoli. Ma non si fermerebbe a
riflettere, per paura di rendere meno veloce il cambiamento. Appare
quasi strano, adesso, che l’Utopia voglia prendere domicilio
proprio in quest’area un po’ desolata, dove i tedeschi dell’Est
coprirono di cemento, trasformandole in un parcheggio, le rovine
della Petrikirche, distrutta dai bombardamenti durante la Seconda
guerra mondiale. La storia non si misura, però, con gli occhi di un
passante frettoloso.
In effetti non sembra un luogo adatto per
sognare questo spazio incorniciato da squadrati condomini ex
socialisti (dove ha abitato anche il leggendario Markus Wolf, «numero
uno» della Stasi, la terribile polizia segreta tedesco-orientale)
che una mano di bianco accecante tenta ora di fare convivere con la
modernità. Veramente vicino — non in modo ingannevole, come spesso
accade — il Fernsehturm, la torre di Alexanderplatz. Il contrasto
tra la sua normalità metropolitana, ai margini di una specie di
autostrada urbana come la Gertraudenstrasse, e il patrimonio
spirituale che questo spiazzo nasconde (recenti scavi archeologici
hanno scoperto addirittura i resti di cinque chiese, una delle quali
databile al 1200) deve avere acceso una scintilla nella mente del
pastore protestante Gregor Hohberg. «Vorrei che nascesse proprio qui
— ha pensato — qualcosa di visionario: una chiesa che sia anche
moschea, che sia anche sinagoga».
La sua idea è diventata
molto di più di una speranza. Hohberg si è impegnato a fondo,
trovando alleati nella comunità ebraica e in quella musulmana.
Berlino avrà presto, quindi, un luogo di culto unico al mondo.
Serviranno 43,5 milioni di euro. E chiunque può dare il suo
contributo, anche comprando online un solo mattone per dieci euro.
Un’idea di finanziamento «democratica», perché si è deciso di
non chiedere niente alle istituzioni. La costruzione inizierà quando
il crowdfunding darà i primi risultati rilevanti, probabilmente nel
2016. Ma regna l’ottimismo, perché gli sponsor non sembrano
mancare. Tanto è vero che la cerimonia di posa della prima pietra è
stata già fissata per l’anno prossimo. C’è anche un nome,
naturalmente. La chiesa-sinagoga-moschea si chiamerà «The House of
One», come a voler dire che sarà la casa dell’umanità .
Il
concorso internazionale è stato vinto, due anni fa, dallo studio di
architettura Kuehn Malvezzi, fondato dall’italiana Simona Malvezzi
e dai tedeschi Wilfried e Johannes Kühn, che qui a Berlino hanno
realizzato, tra l’altro, l’espansione del Museum Berrgruen, un
luogo magico per gli amanti dell’arte moderna. Sono stati loro a
disegnare questo edificio esagonale di mattoni, dominato da una
torre. «Era un’idea coraggiosa che ci ha subito incuriosito e
appassionato», spiega al Corriere Simona Malvezzi. «Ci sarà una
grande piazza centrale, coperta, la “casa dello studio”, da cui
si accede ai tre luoghi di culto, che non hanno nessuna gerarchia tra
loro, cosa che ha rappresentato la forza del nostro lavoro. Poi, in
alto, una loggia che vuole essere un luogo di meditazione per tutti:
lo spazio dell’incontro e del dialogo». L’architetto milanese
sottolinea l’importanza dello «sviluppo verticale» di un progetto
ideato anche per staccarsi dagli edifici che lo circondano. Lo studio
si è richiamato, come del resto ha fatto anche il pastore Hohberg,
al significato storico di questo luogo. «L’edificio — aggiunge
infatti Simona Malvezzi — si innesta sulla pianta della chiesa
neogotica e i nuovi mattoni si attaccano alle sue fondamenta. È
stato pensato per fare vivere la “musealità” dell’archeologia:
partire dalle basi del passato per innalzarsi con l’edificio
nuovo».
I due compagni di avventura di Hohberg sono il rabbino
Tovia Ben-Chorin, dell’Abraham-Geiger-Kolleg, e l’imam Kadir
Sanci, appartenente al Forum per il dialogo interculturale,
un’organizzazione della comunità turca. Sono degli innovatori,
convinti del profondo significato «di pace» di quanto stanno
facendo. «È molto importante — ha osservato Ben–Chorin — che
la città dove è stato pianificato lo sterminio degli ebrei sia
adesso la città dove viene costruita una casa comune per le tre
religioni monoteiste che hanno dato forma alla cultura europea».
Secondo Sanci, «The House of One» potrà rappresentare un segnale
per il mondo del fatto che la grande maggioranza dei musulmani sono
pacifici e non violenti. «Sarà anche un luogo — ha sottolineato —
dove differenti culture potranno imparare le une dalle altre.
Vogliamo che i nostri figli abbiano un futuro in cui la diversità
sia la norma». L’idea non è solo quella di promuovere il dialogo
interreligioso, ma di diventare il punto di riferimento, dicono i tre
protagonisti, di «tutte le minoranze che vivono a Berlino».
Insomma, fare crollare altri muri. Anche quelli invisibili.
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