Corriere della Sera 14/07/14
Lorenzo Cremonesi
Un giorno forse qualcuno riuscirà a
dire al signor Ibrahim Awwad Al-Samarrai, meglio noto col nome di
battaglia di Abu Bakr Al-Bagdadi, che ha preso un granchio. Il 29
giugno nella moschea di Mosul si è auto-proclamato signore
indiscusso del «nuovo Califfato» sunnita tra Iraq e Siria. E,
abusando di questo titolo ripreso dalla culla della storia araba
classica, fa la guerra «santa» agli sciiti, attacca le milizie
sunnite moderate in Siria, perseguita i cristiani, promette di
conquistare «Roma, Bisanzio e Cordoba», ruba, tortura, uccide,
minaccia di attaccare Bagdad e destabilizzare l’intera regione.
Dimostrando di ignorare che proprio il Califfato di Bagdad fu l’epoca
d’oro della cultura islamica. Ma non nei termini della crociata
wahabita intollerante da lui propagata. Tutto il contrario.
Dal
750 d.C., sino all’invasione mongola del 1258, la dinastia
califfale degli Abbasidi fece di Bagdad un formidabile centro di
studi, tollerante, aperto al mondo, curioso di tutto ciò che fosse
diverso e sconosciuto. Al-Bagdadi magnifica il sacrificio degli
«shahid», i martiri della sua guerra santa? Non sa che oltre mille
anni fa il Califfo Harun al Rashid impose alla sua città la massima
più famosa di quell’epoca di grande rinascimento: «L’inchiostro
di uno studioso è più sacro del sangue di un martire». E volle che
proprio nei palazzi più lussuosi lungo il Tigri, chiamati «la casa
della saggezza», venissero ospitati scienziati, letterati,
matematici, astronomi, filosofi. Non importa se ebrei, cristiani
nestoriani, cinesi, indiani.
Grazie a loro il Medioevo cristiano
ricevette i capolavori della filosofia greca: i Presocratici,
Platone, Aristotele, gli Scettici. E poi i classici latini,
bizantini, ebraici. Mentre l’Europa era nel pieno dei «secoli
bui», lungo il Tigri tramandavano la geometria euclidea, studiavano
le stelle, esaltavano gli studi empirici. A Bagdad lavorò Ibn
Al-Haytham, precursore delle scienze ottiche; insegnò il medico
persiano Avicenna (Ibn Sina); fu letto e diffuso Averroè (Ibn
Rushd), il padre arabo della rivoluzione copernicana. E poi, offesa
di tutte le offese per i nuovi censori di Mosul, vi fu stilato uno
dei cicli di racconti raccolti nelle Mille e una Notte : sensuale,
libertino, provocante, intelligente.
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