Corriere della Sera 25/07/14
Palestina, Libano, Siria e Iraq. Paesi
a maggioranza musulmana ma dove Gesù nacque e dove ha mosso i primi
passi la comunità cristiana. E Paesi dove si trova Gerusalemme,
città santa ma ormai simbolo quasi dimenticato. Il cristianesimo
rischia paradossalmente di sparire dai luoghi in cui è nato. E’
una lenta emorragia quella che accomuna le comunità cristiane del
Vicino Oriente. Va avanti inesorabilmente da decenni ma si sta
concretizzando con un’accelerazione e una violenza che nessuno
poteva immaginare.
I cristiani hanno rappresentato un capitolo
importante nella Storia del mondo islamico. La dhimma , la protezione
offerta dall’Impero musulmano in cambio di una tassa sancita dalla
legge religiosa, ne ha per secoli regolato l’esistenza. Essa
garantiva una cittadinanza di seconda classe, ma ne riconosceva il
diritto fondamentale ad esistere, nonostante le tante limitazioni
giuridiche, religiose e sociali. I cristiani non mancarono di
contribuire alla civiltà islamica nel suo complesso, tenendo viva
una fede ma dando anche uomini di lettere e poeti, medici e studiosi,
e funzionari al servizio di califfi o governatori, dalla Spagna
all’India musulmana. Quell’equilibrio, magari di sapore antico,
si è incrinato in un XX secolo che ha sconvolto tutto. Eppure a
lungo i cristiani hanno coltivato la convinzione di poter contribuire
alla rinascita culturale araba, e avere un ruolo nella politica e
nella vita di Paesi come Egitto, Siria e Iraq, per non parlare del
Libano dove erano maggioranza. Cristiane erano figure come il
libanese Boutros Al Bustani (1819-1883), il grande scrittore e
intellettuale fautore dell’arabismo, o leader politici come Michel
Aflaq, fondatore del partito Baath nel 1940. Proprio il Baath, il
partito che segnerà la storia nella seconda metà del XX secolo di
Siria e Iraq. E cristiani sono stati anche alcuni famosi protagonisti
della resistenza palestinese, come George Habash del Fronte popolare
per la liberazione della Palestina. Per non parlare della storia
unica dei maroniti, a cui sono legate le sorti libanesi, che hanno
avuto rapporti secolari con la Chiesa di Roma creando un rapporto
unico tra le due sponde del Mediterraneo.
Ma con l’affermarsi
dell’islam politico gli spazi di azione si sono fatti più stretti.
Visti ora come quinta colonna occidentale e ora come privilegiati dai
regimi totalitari, i cristiani si sono trovati ovunque isolati,
giudicati con diffidenza, e minacciati. E’ un destino che si ripete
ad ogni crisi, a cui rispondono con l’abbandono della loro terra:
dalla Palestina a partire dal 1948, dal Libano dal 1975, dall’Iraq
dal 2003 e dalla Siria dal 2011. Una fuga spesso inevitabile ma che
alimenta stereotipi nei loro Paesi: i cristiani vengono dipinti come
borghesi e colti, cooptati dal potere, in slogan che blandiscono
masse musulmane più povere e strette da disoccupazione, diritti
politici negati e nessuna prospettiva. Le primavere arabe non hanno
fatto altro che moltiplicare le insidie. Quel patto non scritto con i
regimi totalitari era libertà di culto in cambio dell’esclusione
dalla vita politica. Le primavere arabe hanno spazzato via anche la
libertà di culto e di essere cittadini. E i cristiani sono diventati
ben presto obbiettivi dei jihadisti e oggetto di attacchi continui
ovunque.
Ma tutto ciò non è solo un tragedia per il Vicino
Oriente. Con la fuga dei cristiani rischia di morire la varietà
estrema della storia del cristianesimo. Solo in Siria si contavano
più di dieci confessioni, in Libano quasi venti, una complessità
che è ricchezza culturale e intellettuale. Se non si porrà rimedio
alle fughe in atto, rischia di svanire una storia millenaria che sta
portando via Patriarcati (ad Alessandria, Antiochia, Gerusalemme,
Babilonia), un Sinodo di vescovi, una tradizione letteraria e le
lingue antichissime delle loro liturgie (dall’arabo all’aramaico).
E le prospettive lasciano poche speranze. Ogni resistenza politica
che non sia la fuga pare inefficace. Solo il Libano sembra resistere.
Ma qui l’influenza dei maroniti e dei cristiani, circa un milione e
mezzo, si regge su un censimento del 1932, quando erano larga
maggioranza. Oggi sembra che non siano più del 30 % e assai meno
degli sciiti del Sud. Oggi i cristiani nel mondo arabo sono non più
di 12 milioni fra copti, greci-ortodossi, maroniti, melchiti, armeni,
siriaci, latini e protestanti, e la maggioranza di essi risiede in
Egitto, Israele, Palestina e Giordania ne contano ormai non più di
200.000, mentre in Iraq dove erano circa un milione prima del 2003,
si sono più che dimezzati negli anni, fuggendo in massa come in
queste ultime settimane. Per non parlare della Siria, con comunità
frantumate e sparse nei campi profughi. Città e villaggi del Vicino
Oriente che storicamente sono stati a maggioranza cristiana, ora non
contano più che qualche famiglia.
Minacciati da chi sogna un
mondo islamico solo per musulmani, i cristiani del mondo arabo stanno
vivendo il momento più difficile della loro esistenza. E
nell’indifferenza di tanti, si consuma una delle tragedie destinate
a stravolgere quasi mille e cinquecento anni di Storia.
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