Corriere della Sera 19/07/14
D. F.
Le mappe dell’influenza in Medio Oriente sono state così
ridisegnate da spingere un portavoce di Hamas alla disperazione
geografica: «Per il mondo arabo sembra che Gaza sia in Cina. Si sono
dimenticati di noi». È quello che Zvi Barel, analista del
quotidiano Haaretz chiama «Il nuovo ordine»: «A differenza dei
conflitti precedenti — quando i fondamentalisti potevano contare
sul supporto finanziario e militare dell’Egitto, la generosità del
leader iraniano Mahmoud Ahmadinejad, l’ospitalità della Siria per
i campi di addestramento e la munificenza della Turchia e del Qatar —
adesso stanno conducendo una guerra solitaria».
Politico
indipendente, Mustafa Barghouti fa parte del comitato centrale
dell’Organizzazioni per la liberazione della Palestina e nel 2007 è
stato ministro dell’Informazione nel governo di unità nazionale
rimasto sotto le macerie degli scontri tra Hamas e Fatah, quando i
fondamentalisti hanno tolto con le armi il controllo della Striscia
al presidente Abu Mazen. Considera gravi le parole del ministro degli
Esteri egiziano, pronunciate dopo l’inizio dell’invasione via
terra («Hamas non ha accettato la nostra proposta di tregua, adesso
sono responsabili dei morti palestinesi»).
«I leader al Cairo
devono smetterla di trattare Hamas solo come l’emanazione dei
Fratelli musulmani. Questa strategia va a beneficio degli israeliani.
La questione palestinese deve essere lasciata fuori dagli altri
conflitti e dalle sfide per il potere regionali. La sofferenza dei
palestinesi riguarda l’umanità. Così vedo manifestazioni di
sostegno in Sudafrica e in Europa ma non nei Paesi arabi».
Eppure
in questi undici giorni di guerra Abdel Fattah al Sissi, il generale
egiziano diventato presidente, sembra voler lasciar finire agli
israeliani il lavoro che ha cominciato a casa, dopo aver deposto
Mohammed Morsi e dichiarati i Fratelli musulmani illegali: abbattere
l’organizzazione più importante dell’islam politico. «Hamas
vuole davvero la riconciliazione con Abu Mazen. Lo sviluppo più
importante all’interno del movimento è che i leader hanno capito
di non poter essere un’alternativa alla Organizzazione per la
liberazione della Palestina. Il governo israeliano di Benjamin
Netanyahu ha cominciato questo massacro a Gaza per impedire l’intesa
tra le fazioni e per fermare i negoziati di pace. Non è un conflitto
contro Hamas, è un attacco a tutti i palestinesi. Per questo
sostengo l’idea di Abu Mazen che vuole chiedere alle Nazioni Unite
di mettere la Palestina sotto protezione internazionale».
Tra
le ipotesi per una tregua che riporti la calma stabilita dopo il
conflitto del 2012, i negoziatori egiziani starebbero pensando di
aprire il valico di Rafah, al confine sud della Striscia, e di
affidarlo alle forze di Abu Mazen. «I capi di Hamas non hanno
nessuna obiezione a lasciare il controllo della frontiera. Chiedono
però che sia una questione discussa tra i palestinesi, non
un’imposizione degli israeliani. Il primo tentativo di cessate il
fuoco non rappresentava una vera offerta. I palestinesi vogliono
garanzie dalla comunità internazionale che i patti verranno
rispettati».
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