venerdì 3 aprile 2015

Rosato, Tonini o De Vincenti per la nuova squadra di Palazzo Chigi


FRANCESCO BEI
La Repubblica 3 aprile 2015
Nel suo rimpasto a rate, Renzi ha coperto ieri la prima casella, in fondo la più semplice. Ma Graziano Delrio a palazzo Chigi occupava un ruolo chiave, dunque sostituirlo come sottosegretario si sta rivelando una partita tutt’altro che scontata. Ci vorrà qualche giorno in più, ma almeno il premier ha stabilito un criterio politico: non sarà qualcuno del “giglio magico”, il cerchio ristretto di fedelissimi toscani. Il solito guastafeste Pippo Civati ha infatti già iniziato a puntare le batterie ad alzo zero: «Bisognerà capire se il futuro sottosegretario alla presidenza del Consiglio sarà di “famiglia” o se si riuscirà a essere un po’ laici, anche perché questo comincia a essere un problema: un palazzo Chigi come fortezza, una torre d’avorio tutta renziana». Ecco, il premier vuole dimostrare che i suoi detrattori interni si sbagliano.
L’altro criterio riguarda l’esperienza. In quel ruolo non ci si improvvisa dunque, ha anticipato Renzi ai suoi, «devo metterci per forza un parlamentare d’esperienza, qualcuno molto solido». Sparisce invece l’altra caratteristica, quella di genere, che fino a ieri sembrava la stella polare: «E chi l’ha detto che deve essere per forza una donna?». Con questa griglia in mano, a palazzo Chigi ieri si ragionava su quattro profili. Il primo è Ettore Rosato, vicecapogruppo vicario alla Camera, molto flemmatico ma capace di portare avanti operazioni complesse. C’è poi la vicepresidente del Senato, Valeria Fedeli. Diventata famosa al grande pubblico per lo scrutinio insieme alla presidente Boldrini durante la seduta comune che portò all’elezione di Mattarella. Di rosso, oltre alla cascata di capelli, la Fedeli ha anche il cuore. È stata una sindacalista tosta della Cgil, e portarla a palazzo Chigi per Renzi equivarrebbe a un gesto di apertura verso la minoranza dem. In lizza anche Giorgio Tonini, profilo più culturale che organizzativo, ma con lunga esperienza di vertice. Se fosse lui, con sette figli, a palazzo Chigi almeno si rispetterebbe la tradizione del sottosegretario prolifico (visto che l’uscente Delrio ne ha nove).
Infine c’è in corsa Claudio De Vincenti, quasi un tecnico, già nei governi Monti e Letta e ora viceministro allo sviluppo economico. Niente da fare invece per Antonella Manzione, che per il premier sta benissimo a capo del legislativo di palazzo Chigi. Della Manzione si parlava anche come futuro segretario generale, ovvero il numero uno della “macchina” del governo, visto che l’attuale Mauro Bonaretti potrebbe seguire Delrio alle Infrastrutture. Molto probabilmente, però, a sostituire Bonaretti andrà Paolo Aquilanti, che ora lavora come capo dipartimento del ministero delle Riforme.
Finita di risistemare la squadra dei collaboratori — si prevede a metà della prossima settimana — Renzi dovrà anche occuparsi della grana Ncd. E qui i dolori si fanno più acuti. Lasciato un ministero ultrapesante come le Infrastrutture, Area popolare vorrebbe un risarcimento di pari grado. O politico, come le Riforme, o con portafoglio. Ma il premier fa orecchie da mercante, al massimo è disposto a concedere a una donna il posto che fu di Maria Carmela Lanzetta, ovvero gli Affari regionali. Senza però aggiungere la Coesione territoriale, cioè la competenza sui fondi europei per il Sud di cui si occupava Delrio. Ovviamente la prospettiva non provoca slanci di entusiasmo tra gli interessanti. Per questo nel partito di Alfano fanno sapere di non avere fretta: «Ne riparleremo dopo le regionali. Il problema non è chi di noi va al governo, il tema è che Renzi non può trattarci come un’appendice del Pd». Sdegnosamente rispondono così all’offerta del leader del Pd: «Adesso abbiamo altro a cui pensare, la nostra priorità sono le regionali». Fabrizio Cicchitto invoca una pausa di riflessione: «Visto che veniamo attaccati come poltronisti da personaggi del tutto folcloristici come i leghisti o assolutamente inattendibili come taluni forzisti, fa bene alla salute se una poltrona viene consegnata alla riflessione e non alla sua gestione».
Se i capi dell’Ncd sia aspettano un gesto da Renzi e fermano la trattativa, la truppa parlamentare preferirebbe accettare l’uovo oggi invece che la gallina domani. «Se aspettiamo ancora un po’ — mormora preoccupato un deputato alfaniano — altro che Affari regionali... Renzi non ci darà nemmeno quello».

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