lunedì 27 aprile 2015

Le strategie dei Berlusconi 
«per non disperdere il patrimonio politico».

Corriere della Sera 26/04/15
Francesco Verderami
In famiglia conoscono la politica per averla frequentata, «dopo vent’anni vissuti accanto a nostro padre sappiamo bene cosa significa farla, sappiamo che è un inferno», dice Pier Silvio Berlusconi. Ma «l’inferno» ha un enorme potere attrattivo, e può accadere che si confonda per missione quella che in fondo è una tentazione. Periodicamente si è raccontato che i figli dell’ex premier fossero prossimi a varcare quella soglia, a volte sospinti a volte attratti, sebbene le voci siano sempre state smentite dagli eventi. Tuttavia non c’è dubbio che a casa Berlusconi il tema continui a essere al centro della discussione, se è vero che Pier Silvio qualche settimana fa — incontrando alcuni dirigenti liguri di Forza Italia — abbia confidato il suo pensiero: «Sappiamo bene che la politica è un inferno, ma sarebbe un peccato se questo patrimonio andasse disperso».

Così le dichiarazioni di Marina contro Renzi hanno alimentato l’idea che il progetto di famiglia non sia stato (del tutto) accantonato. Sia chiaro, non c’è nulla di imminente, anzi. In questi ultimi anni — fianco a fianco con il padre — la figlia sostiene di aver maturato «diffidenza e avversione verso le logiche della politica». Inoltre l’affondo nei riguardi del premier aveva un obiettivo tutto interno al gruppo, si trattava di un esercizio di leadership aziendale, un modo cioè per affermare definitivamente una linea non più condiscendente verso il capo del Pd, «anche perché le nostre società sono quotate in borsa e noi non abbiamo nulla da temere». Insomma, la numero uno di Mondadori si è mossa fuori dal perimetro del famoso «campo», ma proprio il piglio mostrato con Renzi non esclude una sua «discesa in campo» .

La politica è fatta di opportunità e di timing, e dunque solo se questi due fattori dovessero combaciare tornerebbe in agenda per Marina la necessità di dover decidere che fare. Tra l’ottobre e il novembre del 2013 fu davvero a un passo dall’ufficializzare la sua candidatura a premier. E se il governo Letta fosse caduto, portando il Paese alle urne, era già pronto il suo discorso: «Mai avrei immaginato di trovarmi su questo palco», recitava l’incipit. Con la chiusura di quella finestra elettorale, la figlia di Berlusconi riteneva definitivamente chiusa quell’esperienza mai iniziata.

Però qualcosa sta cambiando, lo si intuisce dalle mosse del padre che lavora alla nascita di un nuovo rassemblement di centrodestra sul modello dei Repubblicani statunitensi. Immagina una ripartenza, «penso a un altro ‘94», dice mentre studia gli amatissimi sondaggi, dentro i quali ci sono anche — guarda caso — i report che testano il gradimento di Marina. Ma per produrre davvero degli effetti, «un altro ‘94» deve prevedere — come allora — un leader nuovo e una nuova formazione politica, per dare risalto alla rottura rispetto al passato. Questo determinò venti anni fa il successo di Forza Italia e del suo cavaliere. Perciò venti anni dopo non possono più essere riproposte all’elettorato né Forza Italia né il suo cavaliere.

Solo se fosse questo il disegno, avrebbe un senso ciò che Berlusconi sta facendo, con la dismissione della sua creatura e dell’intero gruppo dirigente. Ecco il motivo che lo indurrà a togliere il proprio nome dal simbolo del partito alle prossime Regionali. Sarà un modo per non intestarsi la sconfitta e per avviare un processo di ristrutturazione che richiama le operazioni finanziarie: Forza Italia diventerà la «bad company» dove scaricare un fatturato politico che è a saldo negativo e che non dovrà pesare sul bilancio della «newco». «In attesa di trovare un nuovo leader, dobbiamo costruire un nuovo partito», ha detto l’altra sera ai gruppi parlamentari. Ed è naturale l’ostilità di chi si sente già rottamato, si capisce la reazione di Denis Verdini, ormai prossimo al distacco, e che ritiene di aver scorto il disegno: «Più volte Silvio ha iniziato a preparare sua figlia, ma lei non è il padre. E comunque io vado avanti per la mia strada».

Si vedrà se i Berlusconi prenderanno l’eredità politica di Berlusconi per evitare che «il patrimonio vada disperso». Servirà che coincidano timing e opportunità, perché oltre i voti c’è da gestire anche l’altro patrimonio di famiglia.


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