martedì 28 aprile 2015

Franceschini: "A Bersani e agli ex segretari mi appello per l'unità del partito. Basta con i toni apocalittici"


FRANCESCO BEI
La Repubblica 27 aprile 2015
Il ministro dei beni culturali: "Abbiamo il dovere di approvare una nuova legge elettorale. Se anni fa ci avessero detto che si sarebbe potuto portare a casa un testo così vicino alle posizioni storiche del Pd e dell'Ulivo non ci avremmo mai creduto"
Dario Franceschini non parla più di politica. Un silenzio autoimposto da quando Renzi l'ha chiamato nel suo governo, "perché la Cultura è una materia troppo importante per essere trascinata nelle baruffe quotidiane". Ma dopo un anno sceglie oggi di tornare in campo perché "siamo di fronte a un passaggio drammatico". Perché un voto contrario all'Italicum significherebbe non solo la fine del governo, ma anche "una rottura forse irreparabile " nel Pd. Da qui l'appello a tutti i massimi dirigenti, "agli ex segretari come Bersani ed Epifani, ai dirigenti come Bindi, Cuperlo e Speranza ", a salvaguardare l'unità del partito.
Bersani interpreta come una "pressione indebita" l'annuncio di Renzi che il governo andrà a casa in caso di un voto contrario sulla legge elettorale. Non state facendo una forzatura?
"Nessuna minaccia, solo una constatazione. Questo governo è nato avendo due obiettivi: le riforme e la crescita economica. La legge elettorale non solo è uno dei punti cardine del programma di governo, ma riempie anche un vuoto che si è aperto con la sentenza della Corte costituzionale che ha bocciato il Porcellum. Talvolta si tende a dimenticarlo, ma noi abbiamo il dovere di approvare una nuova legge".
Quello che contestano è "il metodo ", "l'aut-aut". Ritengono sbagliata un'approvazione ristretta alla sola maggioranza. Sulle regole non sarebbe opportuno allargare a tutti?
"Ed è proprio quello che abbiamo fatto. Renzi si è rivolto a tutte le forze politiche, ma il M5s ha fatto finta e poi si è chiamato fuori. È rimasta Forza Italia, che ha votato sin qui la legge. Poi, per motivi politici, ora si è tirata fuori. Ma noi non possiamo arrenderci. Sono vent'anni che le riforme si fermano a un passo dal traguardo, a partire dalla Bicamerale di D'Alema. Berlusconi è sempre arrivato ad approvare tutto, salvo far saltare il banco al passaggio finale. Stavolta non glielo possiamo permettere. Anche perché, votando la legge senza modifiche, approveremo il testo già votato da Forza Italia al Senato".
Più che con Berlusconi il problema ce l'avete dentro il Pd...
"C'è un problema nel Pd, è vero. Ed è per questo che sento il bisogno di prendere la parola dopo essere rimasto in silenzio per un anno. Sento il dovere di rivolgermi, da ex segretario, agli ex segretari Epifani e Bersani, ma anche a dirigenti di valore come Bindi, Cuperlo e Speranza. Stavolta, per davvero, non solo è in gioco la possibilità di portare a termine una riforma storica che abbiamo fallito almeno dieci volte. C'è un problema serio che riguarda il futuro del nostro partito".
La scissione è alle porte?
"Per il clima che si è creato sono molto preoccupato. Ma faccio presente che sono stati seguiti tutti i passaggi democratici previsti: il voto in Direzione, il voto nei gruppi parlamentari, una discussione lunga e approfondita. E il testo è infatti cambiato grazie anche alle proposte di modifica della minoranza. Se pure di fronte a un voto democratico a maggioranza nel gruppo ognuno si sente libero di fare quello che gli pare in aula, mi chiedo dove sia finita la casa comune. Quale comunità può stare in piedi se la minoranza non si adegua alle decisioni prese insieme, con un voto democratico? Non è un fatto di disciplina, ma di buon senso".
La minoranza obietta che sulla legge elettorale non può valere una disciplina di partito. L'appello alla coscienza del singolo parlamentare è corretto?
"Assolutamente sbagliato. Ma come si fa a non vedere che la legge elettorale è il tema più politico del mondo? Non parliamo mica di problemi etici!".
Dunque è legittimo porre la questione di fiducia? Non è una forzatura estrema?
"Non so se il presidente del Consiglio porrà la questione di fiducia. Ma, al di là della scelta formale, la fiducia è implicita. Il voto sull'Italicum sarà comunque una verifica del rapporto fiduciario che esiste tra il Parlamento e il governo. E, me lo lasci dire, sarà anche una verifica del rapporto tra il Pd e il suo governo".
Nel senso che se l'Italicum verrà affondato voi andrete a casa?
"Renzi mi sembra che sia stato molto chiaro su questo. Questo è un passaggio centrale e, se andiamo a bagno, non è che ce la caviamo fischiettando e facendo finta di niente ".
La questione centrale sollevata dalla minoranza sono le preferenze e i troppi capilista bloccati. Non teme un Parlamento di nominati?
"Questa legge è ovviamente un compromesso, anche a me ci sono cose che non piacciono. Ad esempio, il Pd è sempre stato per i collegi uninominali mai a favore delle preferenze, perché comportano molti rischi: dai costi eccessivi della campagna elettorale al fatto che mandano in Parlamento non i migliori ma i più bravi a raccogliere consenso sul territorio con metodi.... molto elastici, diciamo. Ma se anni fa ci avessero detto che si sarebbe potuto approvare un testo così vicino alle posizioni storiche del Pd e dell'Ulivo  -  con il premio di maggioranza che garantisce la stabilità e il ballottaggio che assicura un vincitore certo  -  non ci avremmo mai creduto. Avremmo dato di tutto per avere una legge così".
Bersani e molti costituzionalisti temono il "combinato disposto" tra legge elettorale e riforma costituzionale. Sostengono che cambi surrettiziamente la forma di governo. È così?
"Sono anni che parliamo di rafforzare l'esecutivo, di dare un ruolo più incisivo al presidente del Consiglio, non certo di indebolirlo, di fine del bicameralismo. Tutto il dibattito costituzionale ruota intorno a questo. Certi toni apocalittici sono francamente sproporzionati".

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