lunedì 13 aprile 2015

«A2A è pronta. Siamo polo aggregante».


Corriere della Sera 12/04/15
Francesca Basso
«Abbiamo messo in vetrina la nostra proposta di aggregazioni territoriali. A2A è quella che ha meno fretta di tutti e nel piano industriale non ne ha previste. Ma da studioso dico che non coglierla sarebbe un’occasione storica sprecata (la legge di Stabilità prevede nel 2015 incentivi ai Comuni per le aggregazioni delle partecipate, ndr ). In Lombardia ci sono molte aziende sane che alleandosi con noi potrebbero andare a creare un colosso industriale molto competitivo in Italia, non solo nel Nord. Non vogliamo però forzare nessuno». Il presidente di A2A, Giovanni Valotti, ha le idee chiare sul futuro della multiutility lombarda, che ha come soci di maggioranza i Comuni di Milano e Brescia. Idee condivise con l’amministratore delegato Valerio Camerano: «Lavoriamo in piena sintonia». Non fanno i nomi, ma si sa che nel mirino di A2A ci sono le utility Acsm-Agam di Como e Monza, la brianzola Gelsia e Linea Group di Cremona, Rovato, Lodi, Pavia e Crema, corteggiata pare anche da Iren. La Lombardia è però solo il punto di partenza. 

A2A è a una svolta, cominciata già un anno fa con la decisione dei soci di maggioranza di adottare una governance tradizionale, superando il sistema dualistico espressione della doppia anima dell’azienda nata dalla fusione tra la milanese Aem e la bresciana Asm. I nuovi vertici fanno della coesione un punto di forza e d’orgoglio. Insieme ragionano con il «Corriere» sul futuro dell’azienda e sulle potenzialità sprigionate dal piano industriale 2015-2019, che delinea la nuova società. «Il gruppo segue la trasformazione del mercato dell’energia – osserva Camerano – restando un player importante nel nuovo scenario: abbiamo deciso di ridurre il parco produttivo termoelettrico, che sta vivendo una crisi industriale strutturale e richiede rapidità di azione, mantenendo però i grandi impianti più flessibili e nel contempo abbiamo previsto 2 miliardi di investimenti, di cui un 60% in un settore dove siamo già tra i leader come quello dell’ambiente e delle reti, per arrivare a proporre A2A come fornitore di soluzioni ambientali anche in quelle regioni in cui ci sono deficit strutturali evidenti. Inoltre grazie alla molteplicità di servizi che siamo in grado di offrire (dall’illuminazione pubblica, al trattamento dei rifiuti, all’acqua e al teleriscaldamento) possiamo partecipare allo sviluppo futuro della cosiddetta smart city. Abbiamo già delle sperimentazioni in corso in alcuni quartieri di Milano».

Il mercato venerdì ha apprezzato il nuovo piano (il titolo ha chiuso sopra l’euro guadagnando l’1,05%) ed è in attesa di vedere gli sviluppi legati all’ipotesi circolata nei giorni scorsi di un possibile ingresso della Cassa depositi e prestiti, attraverso il Fondo strategico italiano. «Se fossi il Fondo strategico italiano avrei voluto vedere il piano industriale di A2A prima di decidere un eventuale coinvolgimento – osserva Valotti –. E considerato il nostro piano, non escludo che altri investitori possano avere un interesse verso di noi. Certamente il Fondo è uno dei candidati naturali, in più occasioni ha mostrato disponibilità verso il mondo delle utility». Resta chiaro però che «eventuali aumenti di capitale o ingressi di nuovi soci nell’azienda saranno solo giustificati dal sostegno di operazioni industriali e che il controllo della società resterà pubblico».

 Valotti e Camerano considerano il piano industriale «ambizioso ma molto realistico e di discontinuità». A cominciare dalla decisione di creare una genco del gas in cui far confluire tutti gli impianti di generazione a ciclo combinato, su cui l’azienda aveva molto puntato ai tempi di Edipower. «Di certo non va chiamata bad company – spiega Camerano –. Le centrali a gas opportunamente ammodernate avranno un ruolo fondamentale in un sistema sempre più imprevedibile e intermittente caratterizzato dalla crescita delle rinnovabili. Come operatori chiediamo che il sistema stabilisca con chiarezza le regole di funzionamento del mercato per indirizzare i nostri investimenti, e preveda una remunerazione per il servizio svolto. Bisogna anche tener presente che il parco centrali a gas italiano è unico in Europa, potremmo farne un punto di forza: il nostro sistema industriale troverà un alleato importante in un sistema gas razionalizzato ma competitivo. In questa logica è naturale che ci si confronti con partner simili come Sorgenia o la ex E.On».

 Il piano prevede un incremento del margine operativo lordo del 30% al 2019 e un raddoppio del dividendo. Annunci che con un mercato dell’energia come l’attuale possono sembrare rischiosi. «Il piano si sviluppa in 5 anni – spiega Camerano –. A2A ha un portafoglio equilibrato con cinque divisioni. Abbiamo previsto un taglio incisivo dei costi operativi di gestione e del costo del parco elettrico e una ripresa degli investimenti in alcuni settori chiave. Inoltre abbiamo identificato nove progetti non inclusi nel piano che consentiranno di mitigare eventuali rallentamenti di avanzamento su alcune aree del piano industriale». Quanto al dividendo, Valotti sottolinea che non è cambiata la politica adottata dall’azienda, che prevede «un payout al 60%», ma il raddoppio «è una conseguenza dei numeri del piano: aumentano gli utili prodotti e quindi li restituiamo agli azionisti». Le strategie industriali sono state definite, ora si tratta di vedere le prossime mosse della Cdp.




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