lunedì 13 aprile 2015

Dal centrodestra 
creativo a quello vendicativo.


Corriere della Sera 12/04/15
Marco Demarco
Nella destra un tempo affluente, che seppe fare della Puglia un laboratorio politico; nella destra dell’armonia postideologica e di Pinuccio Tatarella che ne fu il fine tessitore, qualcosa si è irrimediabilmente rotto. Quella destra, che mettendo insieme l’autonomismo di Bossi e il nazionalismo di Fini, proprio con Tatarella, nel 1994 seppe tenere insieme gli opposti e far vincere Berlusconi, ora non riesce più a tenere insieme neanche se stessa. Litiga, si fa gli sgambetti, si consuma in guerre intestine. E perde di vista l’avversario.

Alle prossime regionali, salvo sorprese, la destra pugliese tornerà dunque a dividersi, con somma gioia di una sinistra che invece si va sempre più ricompattando intorno a Michele Emiliano. La destra tornerà a dividersi come cinque anni fa, quando indebolito da un primo giro al comando, Vendola riuscì a restare in sella perché sul fronte opposto si presentarono, indeboliti l’uno dall’altra, sia Rocco Palese, voluto da Fitto, di cui era stato il vice al tempo del suo governatorato; sia Adriana Poli Bortone, sostenuta invece da Casini. Berlusconi si infuriò. Non potremmo puntare su di lei e portarci a casa la vittoria? Lo chiese a Fitto. Quasi lo implorò. Ma Fitto non volle saperne: o Palese o Palese. Aveva fatto male i conti. Già si scontravano due idee di partito: quello di opinione, in buona parte fondato sull’estetica della comunicazione; e quello notabiliare, che i voti li conta invece uno alla volta, e che Fitto già allora ben rappresentava. Berlusconi uscì stremato dal duello e cedette. Non prima però di strapazzare il sarto e il barbiere del candidato fittiano.

E ora? Talvolta la Storia si diverte. Ecco dunque che Berlusconi torna a puntare su Adriana Poli Bortone, una delle figure più amate dalla destra pugliese. Latinista, docente all’università di Lecce, ex consigliere comunale missina, tatarelliana per stile e convinzione, poi ministro ed europarlamentare: chi meglio di lei potrebbe lavorare per il riscatto del centrodestra? Eppure, per come si sono messe le cose, quello di Berlusconi sembra essere più un colpo di teatro, l’ennesimo in questa vicenda pugliese, che altro. Più una rivincita tardiva nei confronti di Fitto che una ipotesi davvero praticabile. Il perché lo spiega la cronaca di questi giorni. Per far fuori i fittiani dalle liste elettorali, Berlusconi ha puntato su Luigi Vitali, nominato commissario, che a sua volta ha puntato sulla candidatura dell’oncologo Francesco Schittulli. In tutta risposta, Fitto gli ha lasciato il primo e si è preso preso il secondo. E a Schittulli ha fatto grossomodo questo ragionamento: se resti con Berlusconi, gli avrebbe detto, io mi candido contro di te e tu non entri neanche in consiglio regionale; viceversa, se passi con me, anche in caso di sconfitta elettorale riesci comunque a entrare in Consiglio e da qui diritto diritto al Senato «renziano», quello di nomina regionale.

Vero o falso che sia questo retroscena, sta di fatto che Schittulli ha davvero dato l’addio a FI. È a questo punto, e solo a questo punto, che è venuta fuori Poli Bortone. «Ma così non è serio», dicono dal suo partito, Fratelli d’Italia. «Se non serve a riunire tutto il centrodestra, inutile parlarne», avverte Giorgia Meloni.

Dalla Puglia creativa a quella vendicativa. Perché il centrodestra è arrivato a tanto? Forse, dopo dieci anni di vendolismo, di noglobalismo, di festival della Tarantola, di opposizione ai gasdotti e di localismo anticapitalistico, la destra avrebbe dovuto mettere in campo più idee alternative e meno tatticismi. E invece è successo che a rivalutare la globalizzazione, a dire che «non è solo espropriazione e sradicamento», ma «gioco largo e imprevedibile a cui non ci si può sottrarre», sia stato il più ascoltato intellettuale della sinistra pugliese, quel Franco Cassano noto per aver anni fa esaltato la lentezza e il pensiero meridiano. Ora inascoltato anche da Emiliano.

Nel suo ultimo pamphlet, Cassano dice che la sinistra dovrebbe smetterla «di sentirsi ospite innocente in un universo cattivo». E di conseguenza dovrebbe smetterla anche «di abbandonarsi alla nostalgia». E la destra? Intanto litiga.

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