domenica 19 aprile 2015

90 anni di pensiero


Corriere della Sera del 19/04/15
Ilario Bertoletti
Morcelliana. La casa editrice cattolica nasceva il 22 aprile del ‘25 fondata da avvocati, banchieri, sacerdoti e intellettuali.
Brescia 22 Aprile 1925: presso lo studio del notaio Agostino Mazzola nasce la Società Anonima «Tipografia Editrice Morcelliana». Tra i fondatori, con sottoscrizione diretta di azioni per un totale di 500.000 lire, la Banca san Paolo (rappresentata dall’avvocato Fausto Minelli, segretario del consiglio di amministrazione della banca), il Banco Mazzola Perlasca, il giornale cattolico «Il Cittadino» e, tra i privati, Luigi Bazoli, Alessandro Capretti, Francesco Folonari, Antonio Cottinelli, Angelo Marcolini, Emilio Salvi. Il nome si ispirava alla figura di Stefano Antonio Morcelli (1737-1821), sacerdote ed erudito, autore, tra l’altro, di una delle prime opere scientifiche sull’Africa cristiana. Era, la costituzione dell’editrice, il compimento di un cammino, da parte di alcuni esponenti della borghesia colta cattolica, che aveva alle spalle le esperienze della associazione studentesca «Alessandro Manzoni» (1910) e del giornale «La Fionda» (1918), sul quale erano apparsi scritti di Giovanni Battista Montini, Giulio Bevilacqua, Alessandro Capretti, Lodovico Montini, Luigi Bazoli, Mario Apollonio. Competenze maturate attorno all’Oratorio della Pace, luogo di nascita di alcune delle esperienze più significative del cattolicesimo bresciano. Perché a Brescia, dove già esisteva dal 1904 l’editrice La Scuola, si sentì l’esigenza di far nascere, con la partecipazione anche di alcuni fondatori de La Scuola, una nuova editrice? Per la necessità di opporsi culturalmente alla «barbarie» del fascismo, e il bisogno di fare uscire il cattolicesimo da una separatezza rispetto alla modernità: i cattolici potevano e dovevano affermare una loro presenza non solo nel campo educativo, ma anche in quello della cultura biblica, teologica e filosofica. Un compito fin da subito chiaro alla Morcelliana, coordinata da Fausto Minelli e Alesandro Capretti, con la collaborazione di Giulio Bevilacqua, Giovanni Battista Montini e Mario Bendiscioli. Primo direttore editoriale fu Vincenzo Gatti, che nel 1926 si mise in proprio fondando l’omonima libreria, che pubblicherà, tra le altre, le opere di don Primo Mazzolari. Significativo fu il primo libro edito dalla Morcelliana: i Santi Evangelii tradotti da monsignor Luigi Gramatica, su caratteri tipografici disegnati, con finezza liberty, da Luigi Trainini. E memorabile, per l’azzardo editoriale, era il frontespizio: campeggiava la scritta «prefazione di San Girolamo»! Avvocati, banchieri, sacerdoti, intellettuali: questi i protagonisti della fondazione della Morcelliana. Un caso quasi unico nell’editoria italiana: investire i propri capitali, il proprio sapere, il proprio tempo in una impresa dove certo era il rischio finanziario. Ma la posta in gioco era troppo seria per non rischiare: come riaffermare un ruolo dei cattolici nella società italiana, dialogando con il meglio della cultura europea? Se Montini traduceva Maritain, Bendiscioli portava in Italia Romano Guardini, che diverrà col tempo la cifra teologica dell’editrice. E si apriva la collaborazione con don Giuseppe De Luca — colto sacerdote romano, amico di Pio XII, Pio XII, Giovanni XIII e Montini stesso — il cui motto, fatto proprio dalla Morcelliana, era «scristianizzarsi per cristianizzare». Novant’anni di vita editoriale, che hanno visto arricchirsi il catalogo con i nomi di Huber Jedin, Soeren Kierkegaard, Henri De Lubac, Hans Urs von Balthasar, Karl Rahner. Non è azzardato ipotizzare — e i primi studi storiografici sembrano avvalorare questa congettura — che con la Morcelliana una parte del cattolicesimo italiano ha metabolizzato e fatta propria la sfida del modernismo, senza far venir meno l’appartenenza alla Chiesa di Roma. Di qui l’apertura del catalogo prima a voci cristiane non cattoliche, con le pionieristiche traduzioni di Barth e Bonhoeffer, Pannenberg; poi a voci non cristiane: non a caso presso la Morcelliana è apparsa la prima collana di ebraismo ospitata da un editore cattolico. Direttore Paolo De Benedetti. Infine, l’apertura alle religione non bibliche e al confronto, senza anatemi, con il mondo secolarizzato: basti pensare alla pubblicazione su suggerimento di Alberto Caracciolo, nei primi anni Sessanta, di un testo di Karl Loewith su fede e ricerca. Segno che per la Morcelliana l’aggettivo cattolico s’è declinato sempre più nel suo significato universale, come del resto auspicava Romano Guardini. L’identità si accresce ospitando in sé, indagandoli senza sincretismi, gli opposti: la verità, anche quella editoriale, è una complexio oppositorum . Una scommessa che dura da novant’anni, e che è giunta ormai alla quarta generazione di redattori e collaboratori. Stefano Minelli — a lungo direttore dell’editrice e che fece del Concilio Vaticano II l’ispiratore della sua attività — amava dire ai suoi giovani redattori che fare editoria significava comporre un’equazione quasi impossibile: prestare ascolto allo Spirito che soffia dove vuole, senza farsi travolgere dalla matematica finanziaria di quello stesso Spirito, secondo la quale 2+2 fa 5. E il professor Giulio Colombi — che quest’anno compie gli stessi dell’editrice collaborandovi con diuturna sapienza da sessantatré — con fare ironico chiosava: è la scommessa dello spirito editoriale. Una sobria audacia che soffia ancora in Via Gabriele Rosa 71.

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