domenica 14 dicembre 2014

Taddei: «Jobs act da anni `20? No, sono le regole per il 2020 »


Intervista a Fillippo Taddei di Sergio Governale
Il Mattino13 dicembre 2014
«Quando il contenuto della riforma del lavoro diventerà manifesto, molte ragioni che oggi hanno condotto allo sciopero verranno meno, perché il Jobs Act ha come obiettivo quello di favorire il lavoro stabile»
Durante lo sciopero il segretario della Cgil Susanna Camusso parla di norme del governo sul lavoro da anni Venti? "Sono regole per il 2020", replica Filippo Taddei, responsabile Economia e Lavoro del Pd e consigliere del premier Matteo Renzi.
Taddei, qual è il suo commento dopo una giornata simile?
«Quando il contenuto della riforma del lavoro diventerà manifesto, molte ragioni che oggi hanno condotto allo sciopero verranno meno, perché il Jobs Act ha come obiettivo quello di favorire il lavoro stabile. Spesso l`incertezza, che si dissolverà dopo i decreti delegati, è una cattiva consigliera».
I sindacati chiedono di conoscere i contenuti dei decreti: cosa state scrivendo?
«Non posso fornire ora i dettagli che sono parte di un lavoro molto accurato che stiamo predisponendo in questi giorni e che verrà poi condiviso con le parti sociali dal premier Renzi e dal ministro del lavoro Poletti. Mi sento di dire che abbiamo perso il 5% degli occupati rispetto al 2008, ovvero un milione di posti di lavoro soprattutto a tempo indeterminato. Tra gli under 35 abbiamo perso più di un posto di lavoro a tempo indeterminato su tre. Abbiamo bisogno di una riforma con un contratto a tutele crescenti perché il grande sconfitto è il lavoro stabile. Oggi la regola è un lavoro ancora precario, con stipendi più bassi, competenze inferiori e con durate incerte. Le imprese non investono più in formazione. Questo non ha più senso e non deve più esistere. Il nuovo contratto favorisce invece il lavoro che dura nel tempo, con tutti i diritti dal primo giorno di lavoro e con remunerazioni adeguate».  
La Cgil e la Fiom si irrigidiscono assicurando di voler tirare dritto alla stessa stregua del Governo sul Jobs Act, con una lotta che continuerà, e la Uil si dice pronta a fare una nuova Resistenza: resisterete anche voi?
«Resistiamo di fronte a che cosa? Di fronte al fatto che i contratti a tempo indeterminato stanno calando? Stiamo bruciando lavoro, soprattutto quello stabile. Ricostruendo quello a tempo indeterminato, ridiamo dignità ai lavoratori, ai Cocopro e alle partite Iva con tutti i diritti che oggi si sognano. Mi riferisco a cose normali, ai diritti sindacali e agli standard retributivi. C`è bisogno di reincentivare le assunzioni a tempo indeterminato con nuovi ammortizzatori sociali e con la riduzione fiscale del lavoro».
La Camusso parla di regole anni Venti: cosa risponde?
«Sono regole per il 2020».
Vuol fare chiarezza su quante persone sono interessate dalla modifica dell`articolo 18?
«Sei milioni, ma non vogliamo toccare i diritti di chi ha già un lavoro. Vogliamo far partire da gennaio 2015 il nuovo contratto stabile per tutti i neoassunti che oggi magari hanno una falsa partita Iva o un Cocopro, offrendo un indennizzo in caso di fuoriuscita successiva dal mondo del lavoro. Vogliamo che i disoccupati e i precari di oggi non siano i disoccupati e i precari di domani».
Pensate di condurre in porto la riforma nello stretto corridoio temporale di dicembre?
«Io penso che prima di Natale avremo il contratto a tutele crescenti a tempo indeterminato, assieme all`estensione dell`assegno di disoccupazione. Sarà il primo segnale in termini di riduzione dei contratti precari. Non so dire quando sarà pienamente operativo, ma lo sarà molto presto».
Alla fine comunque la Camusso apre al dialogo, come suggerito anche da Napolitano: avete già cominciato con la Cisl? Siete disponibili a sedervi intorno a un tavolo con Cgil, Uil e Ugl o dovete portare a casa il risultato perché lo chiede l`Europa?
«Non facciamo la riforma perché ce la chiede l`Europa, ma perché ce la chiedono i lavoratori. Non dobbiamo riaprire una porta che è sempre stata aperta. Nell`ultimo periodo l`interesse al dialogo è venuto meno, ma la porta era aperta prima e resterà sempre aperta».
È` lusingato che il falco tedesco Schauble nei giorni scorsi abbia definito il Jobs Act una riforma straordinaria?
«Più che lusingato, dico che è stato un risultato minimo sindacale, che vorrei fosse stato più ampio e fosse arrivato anche da altri, come per esempio da Juncker. A settembre Draghi ha cambiato la politica europea. A Jackson Hole ha parlato della necessità di una politica di bilancio espansiva a livello europeo. Su quella discussione Juncker si è impegnato con un piano di investimenti che ora viene meno».
Si riferisce alle risorse appena chieste dall`Ue a Roma e Parigi?
«Sì. Non è solo l`Italia, che ha a cuore l`Europa, che dev`essere fedele ai propri impegni. Juncker non può dire che non ha soldi freschi dicendo a romani e a parigini che, se vogliono più risorse, devono mettere più soldi».
Gli scontri tra manifestanti e forze dell`ordine denotano un disagio diffuso, addirittura degenerato a Roma con l`occupazione di uno stabile poi sgomberato: al di là dei facinorosi o di gruppi che possono approfittare dei momenti di confusione, non temete che la situazione possa sfuggirvi di mano?
«No. Capisco l`incertezza, le difficoltà e la disperazione di alcuni. Proprio per questo abbiamo il dovere di fare presto e bene. Ci stiamo impegnando su questo anche con un fisco più equo sul lavoro».
Lo sciopero era pure contro la legge di stabilità e la riforma della Pubblica amministrazione e si sono uniti alla protesta anche gli studenti: qual è il suo messaggio su questi altri temi?
«Il Paese fa affermazioni di principio ambiziose, ma non è ambizioso a far seguire alle parole i fatti che invece noi stiamo realizzando con la centralità del lavoro ricostruito a misura dei lavoratori e con le crisi aziendali che stiamo risolvendo. E` banale ricordare le vertenze Electrolux e Ast e l`interessamento a Ilva, la più importante operazione di ristrutturazione del Paese. Questi sono fatti».
Se la sente di dire che uno sciopero come questo di venerdì prenatalizio possa considerarsi il secondo lungo week-end organizzato ad hoc dai sindacati?
«No, sarebbe irrispettoso. Ho il massimo rispetto per le organizzazioni sindacali, anche quando sbagliano».

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