venerdì 5 dicembre 2014

Lauree ad honorem che onorano l'università. Vi racconto perché

Nando dalla Chiesa
Friday 05 December 2014
Oggi (4 dicembre) don Luigi Ciotti, don Virginio Colmegna e don Gino Rigoldi hanno ricevuto dall'Università di Milano la laurea magistrale in Comunicazione pubblica e di impresa. Questa la "laudatio"
"L’Università degli Studi di Milano conferisce oggi ad honorem la sua laurea magistrale in comunicazione pubblica e di impresa a tre persone speciali: don Luigi Ciotti, don Virginio Colmegna e don Gino Rigoldi. Tre protagonisti del nostro tempo, tutti e tre uomini di chiesa che un linguaggio cresciuto nella nostra università, a partire da un gruppo di studenti, ha designato come “i don dell’Italia civile”, e che un altro vocabolario, nutrito dalla stessa ammirazione per la generosità della loro esperienza di vita, indica come “preti di strada” o, con più precisione, “preti di trincea”.
Si tratta di persone che hanno militato per lunghi decenni dalla parte degli ultimi, qualunque volto questi assumessero sotto le folate impietose della storia: i senza casa delle notti metropolitane, i giovani divorati dalla tossicodipendenza, gli emarginati con addosso gli sfregi della violenza sociale o familiare, i malati a lungo senza speranza di aids, le vittime della mafia e i loro familiari, i migranti senza né lingua né diritti alla ricerca di accoglienza, di un segno di fratellanza umana. Tutti, essi, hanno accolto e aiutato, spesso cercandoli e andando loro incontro, senza mai domandare se avessero un dio e quale fosse. In un paese che appare trascinato dai suoi vizi culturali -come una dannazione- a vedere nascere il lucro e la speculazione sulle sciagure naturali e sui drammi sociali, don Luigi, don Virginio e don Gino si sono invece dedicati ad alleviare quelle sciagure e quei drammi mettendo a disposizione dell’area mai chiusa della sofferenza il proprio prestigio, il proprio senso di giustizia, anche la propria resistenza fisica.
Hanno svolto così nel modo più alto una delle tre funzioni istituzionali dell’università, quella del servizio alla società in cui opera e della promozione delle sue consapevolezze morali e civili. Ma ne hanno svolto pure una seconda, quella della formazione. Preti di strada, ma anche di letture e di ragionamenti complessi, più volte scrittori, hanno offerto e offrono a giovani e insegnanti occasioni di studio e di formazione d’avanguardia su temi spesso trascurati proprio dall’accademia, portando in questa attività formativa i frutti di una instancabile ricerca sul campo, offrendo a generazioni di studiosi un sapere di prima mano, talora terribilmente di prima mano.
Per fare questo hanno svolto, hanno dovuto svolgere, una azione continua e multiforme di comunicazione. Se oggi l’Università degli Studi di Milano, che questa disciplina insegna, dà loro una laurea in comunicazione pubblica e di impresa è proprio perché, a partire dalle loro vite, vuole appunto ricordare quanto ampia e intensa, e non solo frivola, sia l’attività di comunicazione su cui si costruisce la società ogni giorno. Comunica la pubblicità geniale, il marketing sapiente. Ma comunica anche e soprattutto la parola che intreccia le volontà e i destini, che accompagna e dà speranza. Comunica il comportamento che dà credibilità alla parola. Parla agli allievi il comportamento del docente, parlano al figlio le scelte di vita del padre. Parla la qualità dei prodotti e dei servizi, il modo di essere di un’impresa.
Comunica perfino il silenzio. Comunicava a tutti il suo valore militare Achille, lasciando incerte le sorti della guerra, quando silenzioso nella tenda rifiutava di combattere per il torto inflittogli da Agamennone. Comunica in silenzio i suoi ideali il patriota o il partigiano che accetta in nome loro la fucilazione. Il suo silenzio che sarà per sempre parla più della parola. Ma parla pure il silenzio davanti all’empietà. Verità elementari che la scienza della comunicazione sembra avere dimenticato. Nel silenzio pubblico don Luigi Ciotti telefona ogni mattina ai familiari delle vittime di mafia per i quali ricorre quel giorno l’anniversario del loro caro. Nel silenzio pubblico don Virginio Colmegna offre riparo all’ultimo migrante buttatogli tra le braccia da guerre o dittature o speranze disperate. Nel silenzio pubblico don Gino Rigoldi, centimetro per centimetro, guadagna al rispetto e all’amore gli adolescenti a cui la vita ha insegnato la legge brutale della forza fisica. Ma nel silenzio il comportamento genera i suoi frutti. Ciò che è privato e silenzioso diventa nel tempo fatto pubblico e fragoroso dinnanzi ai costumi del paese. Perché anche gli ultimi parlano. Perché il passaparola instancabile e spontaneo costruisce il senso e la bellezza di quell’agire e lo consegna, come un suggerimento prezioso, al padre dell’ultimo poliziotto ucciso dalla mafia o all’ultimo migrante che sbarca a Lampedusa. Consapevoli, loro, di quel che l’informazione a volte non sa, perché li raggiunge la comunicazione dei simili, della vita quotidiana, assai più che il flusso del mondo virtuale.











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