mercoledì 3 dicembre 2014

Andrea Guerra chiamato a Palazzo Chigi
Sarà consigliere del premier.


Corriere della Sera 03/12/14
Daniele Manca
Per la nomina ci vorrà un decreto della presidenza del Consiglio, ma Andrea Guerra ha deciso di accettare la proposta di Palazzo Chigi. Sarà consigliere strategico di Matteo Renzi. Ovviamente a compenso zero (al momento della sua uscita da Luxottica ha incassato tra liquidazione — 11 milioni — e vendita di azioni 46 milioni). Non si occuperà di questioni politiche o di tematiche come Ebola o altro.

 Il suo incarico, la sua missione, sarà legato a quello che sa fare: raccordo con il mondo imprenditoriale, aziendale italiano ed estero. Da uomo di impresa dovrà sfruttare il bagaglio di esperienza, la conoscenza dei meccanismi aziendali, il network, per dare una mano al governo nel comprendere rapidamente vicende, situazioni e quindi proporre, indicare, possibili soluzioni.

 Questo significa in concreto che probabilmente Guerra è già al lavoro su dossier caldi come quello dell’Ilva, delle risorse e del come utilizzarle nel caso dell’agenda digitale, fino al sistema bancario. È altrettanto chiaro che trattandosi non di un ruolo politico (l’impegno è di essere a Roma un solo giorno a settimana) sarà la presidenza del Consiglio, Renzi stesso, ad attivare il canale. Il recente viaggio in Australia per partecipare al G20, che aveva visto la presenza di Guerra, sarà servito a rinsaldare il rapporto con il premier.

 Per il manager classe 1965, si profila un incarico abbastanza nuovo e originale per il nostro Paese. Figure simili sono forse più rintracciabili negli Stati Uniti. L’esempio forse più noto è quell’Harry L. Hopkins consigliere di Franklin Delano Roosevelt grande sponsor del New Deal. O, venendo a tempi più recenti, nell’amministrazione Obama, Eric Schmidt, presidente di Google; Cass Sunstein, il teorico del Nudge, dell’aiutare i cittadini nelle loro scelte. 

Guerra non dovrebbe occuparsi di macroeconomia o questioni sociali. Anche se le modalità dell’arruolamento sono tali che sarà una figura destinata ad evolversi. Modalità che, peraltro, in un’Italia dove si ama parlare molto e fare poco sul tema del conflitto di interessi, faranno discutere e che provocheranno più di qualche alzata di sopracciglia.

 Anche perché Guerra sembra deciso a non abbandonare del tutto la sua carriera. In questi tre mesi, da quando a settembre ha lasciato la Luxottica per divergenze sulla governance, e quindi su strategie e governo della società con il fondatore del gruppo Leonardo del Vecchio, le offerte non sono mancate. Entrato nella società nel 2004 come amministratore delegato, dopo analogo ruolo svolto alla Merloni elettrodomestici, aveva spinto l’azienda inventata dal Martinitt Del Vecchio a oltre 7 miliardi di ricavi, facendone una delle poche grandi multinazionali italiane leader nel proprio settore. 

Di no ne avrebbe detti parecchi in questi tre mesi. A essersi fatti avanti all’indomani dalla sua uscita da Luxottica sono stati la Lvmh di Bernard Arnault, il maggiore gruppo al mondo del lusso, la tedesca Adidas, fino a tutte le maggiori società del settore in Italia. Probabilmente Guerra si prenderà qualche settimana o mese nel suo nuovo ruolo prima di capire se sia compatibile in termini di impegno e di potenziali conflitti di interesse con la sua attività di manager del made in Italy. E quindi decidere di rientrare in un’azienda del settore, o accettare incarichi internazionali.

 Ma questa voglia di «dare una mano al Paese» come spesso si sente dire dal manager, non è un’idea recente. La Luxottica ha rappresentato una sorta di modello di welfare privato che va ad affiancarsi a quello pubblico, a cominciare dal sostegno allo studio per i figli dei dipendenti. Lo stesso rapporto con Renzi non è cosa degli ultimi mesi. 

La partecipazione alla Leopolda e lo scambio di idee risale ai tempi dell’impegno del premier come sindaco di Firenze. Già nel 2012 aveva partecipato (silenziosamente) alle giornate della Leopolda, e nel 2013 e 2014 anche come speaker. Nei prossimi giorni il salto di qualità che dovrebbe mettere fine, per il momento, al toto incarichi che aveva visto Guerra essere indicato come possibile candidato di aziende o istituzioni pubbliche o private.




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