venerdì 5 dicembre 2014

A me piace ’o presepe

Stefano Menichini  
Europa 
Sarebbe stato meglio evitare la polemica sul presepe proibito nella scuola di Bergamo. La nuova Italia multietnica non può nascere da divieti, sottrazioni, ipocrisie e soluzioni artificiali come il "villaggio agreste".
Questa del presepe proibito potevamo risparmiarcela. Dovremmo tuttora risparmiarcela, per esempio non scrivendone, non commentando, non polemizzando, non dando una mano al sistema dei media nell’ingigantire lo scontro di classe (intesa come aula) tra un genitore e un preside.
Ma è inutile girarsi dall’altra parte quando ogni insignificante evento rischia di gonfiarsi a simbolo di qualcosa di più grande, addirittura di potenzialmente pericoloso. Facile, immediato, il cortocircuito: un presepe giudicato inopportuno in una scuola a media densità di bambini non cristiani (media, normale, non particolarmente alta ormai) diventa subito il messaggio che alimenta e conferma la peggiore idea che ci siamo fatti dell’immigrazione e dell’integrazione. Che essa cioè non rechi alcun arricchimento e alcun vantaggio, neanche culturale, ma sia invece causa di sacrifici, rinunce, smarrimento di identità vere o presunte, alla fine di un’altra forma di impoverimento. Non solo abbiamo meno soldi, abbiamo anche meno presepi: ma perché?
Chi vuole cancellare dalla vista e dalla conoscenza in un luogo pubblico consuetudini d’origine religiosa (ormai trasfigurate in inoffensive tradizioni popolari) lo fa in assoluta buona fede. Immagino che voglia evitare offese e conflitti. Ottiene l’effetto diametralmente opposto: più offese, più conflitti, l’esaltazione delle diversità messe in contrapposizione invece del loro appianamento nella reciproca conoscenza, nel reciproco rispetto, nella reciproca curiosità.
Lo penso e lo scriverei anche se Matteo Salvini non si fosse agilmente messo in mezzo, per arruolare il bue e l’asinello alla causa della sua nuova destra. Non mi fa paura la strumentalizzazione politica della pecorella e di Gesù bambino: fascisti più consapevoli di Salvini hanno fatto di peggio e non sono andati lontano, come non andrà lontano lui.
Mi fa paura l’inquietudine che può attecchire dentro di noi a causa dell’incapacità di gestire un processo così delicato come la trasformazione multirazziale e multiculturale dell’Italia con equilibrio e senso delle proporzioni.
A dimostrazione che un po’ di falsa coscienza in questa storica c’è, ecco il dettaglio rivelatore: in quella scuola bergamasca, lo scorso anno, avevano allestito per Natale un “villaggio agreste”, cioè un presepe senza gli offensivi Re Magi e il pericoloso Giuseppe, con l’argomento che così tutti i bambini vi ci sarebbero potuti riconoscere.
Ecco, confesso che a me il presepe piace “a prescindere”. E invece non mi piace l’idea che la nuova Italia multietnica possa sorgere su espedienti così sciocchi, in maniera così ipocrita, nell’illusione di poterla trasformare in un luogo artificiale nel quale non c’è un’identità che soverchia le altre perché semplicemente non c’è alcuna identità.
Oltre tutto, mi chiedo che cosa ne avrebbe detto Eduardo De Filippo.

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