venerdì 5 dicembre 2014

Favori, affari e invidie 
Così il Pd romano è finito nelle sabbie mobili.


Corriere della Sera 05/12/14
corriere.it
Non è vero che la politica sia destinata, ormai, ad arrivare sempre dopo la magistratura: «Nel Pd a livello locale, e parlo di Roma, facendo le primarie dei parlamentari ho visto, non ho paura a dirlo, delle vere e proprie associazioni a delinquere sul territorio». Era il giugno 2013, e per quelle parole — pronunciate in un intervento pubblico — l’attuale ministro Marianna Madia fu ampiamente criticata. Due mesi prima uno dei membri della direzione del Pd Lazio, Cristiana Alicata, in occasione delle primarie pd per l’elezione del sindaco, denunciò «le file di rom ai seggi», parlò di «voti comprati». C’erano tanto di foto, con i rom in fila ai seggi, ma il risultato di quelle frasi fu, più o meno, solamente uno: «Mi dimisi dal Regionale — racconta oggi Alicata — perché le polemiche furono feroci, mi diedero della razzista». Dai vertici alla base, il sentimento è lo stesso: «Il problema a Roma — dice il segretario del circolo Trastevere, Alberto Bitonti — è un sistema ormai diffuso, bisogna fare i conti con i gruppi di potere, coi signori delle tessere».

Benvenuti nel Pd Roma, o in quel che ne resta dopo l’inchiesta «Mondo di Mezzo», che ha svelato sì il modo nel quale, secondo i magistrati, il centrodestra guidato da Gianni Alemanno ha governato Roma, ma anche questa prossimità, questo «consociativismo» del Pd, che in quegli anni era, ufficialmente, all’opposizione. Un po’ morbida, si disse in città in alcuni momenti, tanto che l’allora capogruppo pd, Umberto Marroni, vicino alla cooperativa di Salvatore Buzzi, secondo alcuni era «il delegato del sindaco all’opposizione». Lui si indignò a sentire come lo chiamavano, e anche oggi che è deputato protesta per gli accostamenti del suo nome all’inchiesta: «Evidentissimo caso di millantato credito. La mia scelta di partecipare alle primarie nulla ha a che vedere con l’inchiesta». Precisazione forse necessaria, nelle intercettazioni il capo delle cooperative sociali, Salvatore Buzzi, dice: «Noi lanciamo Marroni alle primarie!».

Di certo in molti, oggi, descrivono il partito locale con due sole parole: sabbie mobili. O con una: pantano. Perché «nella migliore delle ipotesi — spiega un deputato vicino a Renzi — il Pd della città non ha avuto né una visione, né gli anticorpi necessari». Le frasi, pronunciate in cambio dell’anonimato, oggi si sprecano: «Non c’è stata una classe dirigente vera, non si salva nessuno, politicamente sono tutti responsabili».

Ecco, è scattato il tutti contro tutti. C’è chi tira in ballo le vecchie gestioni (Rutelli-Veltroni-Bettini): «Furono la migliore classe politica ma non hanno lasciato un’eredità degna di quel passato». Chi accusa la nuova egemonia romana, col patto siglato prima delle Europee tra i turborenziani di Lorenza Bonaccorsi, i popolari, e i marroniani. Da sempre critico è Roberto Morassut, già assessore ai tempi di Veltroni sindaco: «Da anni dico che bisognava uscire dai cda, rovesciare il tavolo senza mediazioni». Morassut ha urlato la sua idea della degenerazione del Pd locale in ogni modo: ha parlato di «partito delle tessere», di «lobby di potere», di «tribù». E le primarie? «Truccate, decidono i capicorrente».

Che la situazione del partito nella Capitale fosse un guaio era ben noto al presidente del Consiglio, Matteo Renzi, che secondo alcuni, tempo fa, si lasciò andare a una battuta: «Peggio di Marino, a Roma, c’è il Pd locale».

Vera o falsa che sia la freddura racconta un mondo — il Pd Roma che tiene in scacco Marino — che però adesso si è capovolto: perché Renzi ha spedito in città il «commissario» Matteo Orfini, facendolo accompagnare, stando ai rumors, da poche frasi. «Uno, il presidente dell’Aula lo sceglie il sindaco!». Risultato: sarà eletta Valeria Baglio, la preferita di Marino. Sistemato lo scranno che fu di Mirko Coratti (quello del quale Buzzi nelle intercettazioni dice « me lo so’ comprato ») — Renzi pare aver dato indicazioni chiare anche sull’accoglienza da riservare ad Orfini: «Chi si mette di traverso non si candida più neanche a un consiglio d’istituto». Lionello Cosentino, l’ormai ex segretario romano, ha scritto una lettera per salutare: «Vado in pensione, ai giardinetti, con un buon libro in mano». Illusioni perdute , forse.


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