sabato 27 dicembre 2014

La mossa di Berlusconi per trattare sul Colle “Non direi no a Prodi” E chiama il premier


FRANCESCO BEI
La Repubblica 27 dicembre 2014
Telefonata di auguri dopo il Cdm della vigilia di Natale Santanchè rassegnata: “Ormai posso votare per chiunque” 
Dentro Forza Italia la chiamano la “teoria Minzolini”, essendo stato l’ex direttore del Tg1 il primo a proporla rompendo un tabù. È quella che postula «l’accordo con il diavolo» in persona, l’unico che potrebbe portare alla tanta agognata (da Berlusconi) pacificazione nazionale. Un diavolo con le fattezze bonarie di Romano Prodi. «Pensaci presidente — gli ha ripetuto più volte Minzolini — solo Prodi riuscirebbe a tenere testa a Renzi». La novità è che il ragionamento ha iniziato a far breccia nella testa del leader forzista. E non è un caso se, prima di Natale, nell’intervista a Repubblica, Berlusconi abbia messo in chiaro di non avere nomi da proporre e di non avere nemmeno pregiudiziali nei confronti di nessuno. È stato il primo passo.
Certo, l’antica ostilità nei confronti del Professore è dura a morire, ma il pragmatismo dell’ex Cavaliere è proverbiale. E in cambio di un eventuale disco verde alla candidatura di Prodi al Quirinale sarebbe lunga la lista dei desideri da esaudire. Primo tra tutti quel «riconoscimento politico» che Berlusconi, ancora nella condizione psicologica del condannato ai servizi sociali, ritiene sia suo diritto esigere. Su Prodi, fanno sapere ora dal cerchio magico, «certamente non c’è un veto». E anche questa è una novità non da poco. L’inimmaginabile diventa possibile? Tra il dire e il fare c’è ancora di mezzo un lunghissimo mese di trattative, ma forse anche di questo hanno parlato Renzi e Berlusconi nello scambio telefonico di auguri avuto la sera del 24 dicembre, dopo il Consiglio dei ministri.
Intanto i due schieramenti si guardano con curiosità. «Prodi al Quirinale? È un tema — ammette il senatore Pd Massimo Mucchetti — su cui un pezzo di mondo berlusconiano sta ragionamento seriamente». Per averne una riprova basta ascoltare Daniela Santanché. Che proprio a Romano Prodi pensava quando la scorsa settimana, ad Agorà, si è spinta fino a immaginare un voto favorevole all’arcinemico: «Ho votato Napolitano per spirito di servizio nei confronti del movimento politico. Votato Napolitano posso votare chicchessia se questa fosse la decisione di una squadra alla quale appartengo».
Certo, dalle parti di Renzi questa strana alleanza prodiana che mette insieme falchi berlusconiani come Minzolini e Santanché, insieme a esponenti della minoranza interna come Mucchetti e Pippo Civati, è vista al momento con sospetto. Di tutto il premier ha bisogno tranne che di un candidato che plana sul Colle più alto a dispetto del segretario del Pd. Ma intanto il ghiaccio che ha tenuto bloccati i rapporti tra Berlusconi e Prodi ha iniziato a sciogliersi. Come fa notare un berlusconiano della cerchia stretta, «per il Cavaliere rimettere in piedi un pilastro della seconda Repubblica come Prodi avrebbe il non secondario effetto di restaurare anche l’altro pilastro su cui si è retto il ventennio, ovvero se stesso» . Simul stabunt , appunto. Oltretutto, di recente, ci ha pensato la Crimea a metterli sulla stessa sponda del fiume. L’opinione di Berlusconi su Putin e la guerra in Ucraina è nota. Anche il Professore condivide la critica alle sanzioni occidentali contro Mosca, definite di recente «un suicidio collettivo». Ed è stato Prodi a volare al Cremlino lo scorso 18 dicembre, su invito di Putin, per un colloquio a quattr’occhi con lo zar. Un privilegio riservato a pochi, tanto più che il Professore non ha formalmente alcun incarico. Uniti oggi sulla Russia e domani sul Quirinale? «Berlusconi — confida un amico — non spera più nella grazia. Ma nella pace. E la pace la possono fare solo due nemici".

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