mercoledì 10 dicembre 2014

AUTHORITY DEL TERZO SETTORE 
PER SALVARE IL VOLONTARIATO.


Corriere della Sera 10/12/14
Giangiacomo Schiavi
La facilità con la quale una cooperativa sociale a Roma è diventata una centrale affaristico-mafiosa è un danno alla fiducia nei confronti del Terzo settore: dimostra che l’Italia migliore tante volte indicata ad esempio non è immune dai vizi peggiori della società malata, che dietro un nobile intento ci può essere uno squallido mercimonio di favori e mazzette tra politici e faccendieri.

E allora, visto che una riforma è sul tavolo del Consiglio dei ministri e all’esame del Parlamento, bisognerebbe metter mano anche alle dinamiche con cui certi finanziamenti vengono erogati attraverso un maggior controllo degli assegnatari nella giungla del Terzo settore. Purtroppo due anni fa l’Italia si è privata di uno dei pochi strumenti di verifica, quell’Agenzia del volontariato inopinatamente cancellata dalla spending review del governo Monti: invece di aumentarne i poteri nei confronti degli imbroglioni l’hanno tolta di mezzo dalla sera alla mattina.

Davanti alle ottuse inadempienze dello Stato, tante volte denunciate, e ai loschi traffici delle burocrazie politiche e municipali che affidano i servizi in base all’affiliazione, c’è la necessità di una autocritica anche del Terzo settore.

Troppe volte non si è rivendicata una maggior dignità e una maggiore trasparenza, lasciando che la confusione tra i tanti soggetti tutelasse le zone d’ombra, i lati opachi del settore. Per difendere il ruolo del volontariato e la rete del civismo e della solidarietà dai predoni come quelli della capitale, serve oggi uno scatto d’orgoglio, riproponendo quel che può essere utile per garantire trasparenza alla maggioranza degli onesti.

L’inquadramento serio e positivo del Terzo settore nell’economia italiana (rappresenta oltre il 5 per cento del Prodotto interno lordo) non può essere confuso con il mercimonio della banda di Salvatore Buzzi e Massimo Carminati. Una vera Authority del volontariato sarebbe una prima seria risposta, per restituire ai giovani, come ha scritto Marco Vitale sul Corriere , quella visione generosa della vita che si è persa nella «terra di mezzo».




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