sabato 13 dicembre 2014

Ora vediamo se tra Renzi e Cgil cambia qualcosa

Stefano Menichini 
Europa  
È stato davvero l'autunno di un importante conflitto politico, con frequenti cadute di stile. Il sindacato vuole tenere alta la mobilitazione, ma il premier dopo aver vinto sul Jobs Act vorrà ancora la guerra?
Non c’è nulla di offensivo nel constatare che lo sciopero generale di ieri, come le iniziative sindacali che l’hanno preceduto, ha avuto un significato eminentemente politico. Perché così verrà ricordato l’autunno 2014: come la stagione del duro confronto tra un premier segretario del più grande partito della sinistra europea, e i sindacati coi quali mai c’erano stati contrasti tanto forti.
È vero che nessun governo dei tempi recenti ha ricevuto un tale “trattamento”, neanche quelli dichiaratamente di destra o quelli che hanno spostato macigni come il sistema pensionistico. Ma non ha senso lamentarsene, da parte dei sostenitori di Renzi. Anzi, è giusto dire che Renzi un tale trattamento se l’è, in senso letterale, meritato.
Solo finché si è rimasti al di qua della soglia del conflitto politico, però. Perché oltre quella soglia, sia nel mondo sindacale che fuori, in questi mesi si è passati più volte a un altro tipo di atteggiamento: alla delegittimazione morale, alla mostrificazione, alla demolizione della persona e del progetto. Alla fine toccherà dire che l’unica eredità che Renzi ha davvero ricevuto da Berlusconi è il rancore viscerale degli oppositori, decisi a trasferire sul segretario del Pd che li ha sfidati politicamente gli stessi stereotipi, lo stesso rigetto e gli stessi sistemi di lotta usati contro il Cavaliere nero.
Può darsi, si spera, che per quanto riguarda le leadership sindacali questa deriva faccia parte degli eccessi polemici messi alle spalle. Quando il capo dello stato invita a una «discussione pacata» e al rispetto delle prerogative di governo, parlamento e sindacati, il messaggio è rivolto a tutti, e gli scontri di piazza ne confermano l’urgenza.
Il Jobs Act è ormai cosa fatta, in senso appunto politico e non di merito vista l’attesa per i decreti attuativi. La Cgil ha promesso che terrà in piedi la mobilitazione, continuando a fare da sponda all’opposizione che Renzi incontra nel proprio stesso partito. Vedremo molto presto se invece lui vorrà passare a una fase nuova: incassata a un prezzo che giudica sopportabile la vittoria sul Jobs Act, al premier assediato da più parti potrebbe convenire allentare la tensione almeno su questo fronte.

Nessun commento:

Posta un commento