domenica 26 ottobre 2014

Oligarchi, falchi ed eroi di Guerre stellari L’Ucraina «divisa» vota all’ombra di Putin.


Corriere della Sera 26/10/14
Giuseppe Sarcina
Si vota in Ucraina, ma la partita si gioca anche tra Mosca, Washington e Berlino. Contano il voto di 34 milioni di elettori e le trame dei quattro-cinque oligarchi cui risponde una larga quota dei candidati che si presentano, suddivisi in 29 partiti, nelle prime elezioni politiche del dopo Maidan.

Non è in discussione la leadership del presidente Petro Poroshenko. La formazione che porta il suo nome, secondo gli ultimi sondaggi, dovrebbe raggiungere il 30% dei consensi. Quanto basta per diventare il perno della coalizione di governo e designare il nuovo premier. Ma è l’unica certezza in un Paese attraversato da profondi sommovimenti emotivi, prima ancora che politici. Le urne rimangono chiuse nella Crimea «russificata» e nelle regioni di Donetsk e Luhansk, controllate dai separatisti.

Guerra o pace: è la prima linea di demarcazione di queste consultazioni. Poroshenko guida lo schieramento favorevole a un accordo stabile e comunque al dialogo. Ha già firmato una legge che concede larga autonomia ai due distretti ribelli; si è dichiarato disponibile ad accettare il risultato delle elezioni locali che dovrebbero tenersi il 7 dicembre, ma che i leader filo russi hanno messo in calendario per il 2 novembre. Su questa posizione si colloca in modo esplicito solo il partito della «Forte Ucraina», guidato da Sergij Tigipiko, esponente del vecchio regime di Viktor Yanukovich. Le altre forze vanno considerate «a favore del combattimento» o comunque contro una rapida intesa con Putin. Qui il capofila è un ex giornalista di 41 anni, Oleh Lyashko, guida del partito radicale, accreditato di un 15% dai sondaggi. Sulla stessa linea «Patria» di Yulia Tymoschenko, ex primo ministro, con un consenso in via di evaporazione stimato tra il 7 e l’8%, mentre la sua ricchezza è tuttora tra le più cospicue dell’Ucraina.

Tra i due blocchi si agita uno sciame di nuove realtà, quindici-venti sigle costituite da attivisti di varie organizzazioni, da giovani metropolitani, dagli intellettuali. Il più originale è forse il Partito Internet, con militanti mascherati da Darth Vader, di Guerre Stellari. Quasi nessuno di questi, però, supererà la soglia minima del 5% richiesta per entrare in Parlamento. Uno dei pochi che dovrebbe farcela è il «Fronte nazionale», capeggiato dal primo ministro dimissionario Arseniy Yatsenyuk.

In serata è attesa una prima indicazione dagli exit poll, ma il quadro sarà chiaro solo tra qualche giorno, quando arriveranno i risultati anche dei collegi uninominali. La legge elettorale prevede che metà dei 450 deputati della Rada sia eletta con il sistema proporzionale, l’altra metà con quello maggioritario. E qui bisogna tracciare la seconda linea, questa volta non ufficiale e quindi non visibile. I collegi sono, perlopiù, pertinenza degli oligarchi, i ricchi industriali che sommano fabbriche, televisioni, servizi finanziari e, appunto, influenza politica. Yanukovich era un oligarca, Tymoshenko, e lo stesso Poroshenko anche. I nomi che più si sono spesi nella campagna sono tre: Igor Kolomoisky, che è anche governatore di Dnipropetrovsk, cui si deve la proposta di costruire un muro al confine con la Russia; Dmitry Firtash, antico sodale di Yanukovich, e Rinat Akhmetov, il padrone del Donbass. Tutti e tre investono in modo trasversale nella politica. Sono una variabile difficile da calcolare. Poroshenko proverà a mettere tutti d’accordo, mantenendo la sostanziale continuità nella strategia del «dialogo armato» con Mosca. Il primo segnale verrà dalla nomina del primo ministro. Il più quotato è il trentaseienne Volodymyr Groisman, premier a interim e uomo direttamente collegato a Poroshenko.

Groisman potrebbe essere una scelta che non sia vissuta come ostile da Putin e, nello stesso tempo, gradita da Barack Obama e Angela Merkel.




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