mercoledì 8 ottobre 2014

Il confronto tra i vescovi: nelle unioni 
di fatto elementi di santificazione.


Corriere della Sera 08/10/14
G. G. V.

Il Papa ha chiesto «parresía», la franchezza evangelica senza timori reverenziali, e i padri sinodali si regolano di conseguenza. «Clima sereno», garantiscono tutti, ma senza perifrasi né veli curiali. Oggi è la giornata nella quale al Sinodo sulla famiglia si discuterà delle «situazioni difficili» o «imperfette», dai divorziati e risposati cui è negata la comunione alle coppie di fatto: le quali, ha notato il cardinale teologo di Vienna Christoph Schönborn, «presentano elementi di santificazione e di verità» quando nella coppia «si conviva con fedeltà e amore».

Ma è evidente che questi temi dominano fin dall’inizio il dibattito. Così, in omaggio alla «parresía», si confrontano altri teologi di prima grandezza: è il caso dell’arcivescovo Bruno Forte e del cardinale Gerhard Ludwig Müller, prefetto dell’ex Sant’Uffizio. Con Forte che ieri è intervenuto per dire che «l’eucaristia non è il sacramento dei perfetti, ma di coloro che sono in cammino»; e Müller, già critico contro le aperture del connazionale Walter Kasper (che però, ha spiegato il cardinale Reinhard Marx, ha dalla sua parte «la maggioranza dei vescovi tedeschi»), a sostenere più tardi che il sacramento è sì per i «pellegrini», specie i più deboli, però «una cosa sono le debolezze» e un’altra «la condizione stabile di peccato mortale» di chi convive con una persona che non è il suo coniuge. Francesco avverte via Twitter: «Chiediamo al Signore la grazia di non sparlare, di non criticare, di non spettegolare, di volere bene a tutti». Ma «il dibattito è sano», sorride il cardinale filippino Luis Antonio Tagle. Padre Antonio Spadaro, direttore della Civiltà Cattolica, ha scelto nel suo intervento l’immagine del «faro» e della «fiaccola», spiega: «La Chiesa è lumen, luce, ma questa luce si può intendere in due modi: il faro che sta fermo, al quale tutti devono guardare come riferimento, oppure la fiaccola che è in cammino nella storia, esce e va dove sono gli uomini, come penso debba essere».

Conservatori e riformisti fanno prevalere l’uno o l’altra. C’è chi chiede di non presentare la dottrina come «un elenco di divieti», chi dice che i divorziati e risposati non vanno giudicati ma si deve dire loro la verità, chi fa notare che la verità cristiana non è un insieme di regole astratte ma «è Cristo, una persona», e così via. C’è anche chi parla de lla necessità di un cammino di preparazione al matrimonio «più severo» per non «intasare i tribunali» con richieste di annullamento. Al centro «l’esigenza di cambiamento», la consapevolezza che bisogna «dialogare col mondo» e «rinnovare il linguaggio» della Chiesa. Niente «clericalismo», soprattutto: «Se i fedeli vedono pastori umili che imitano Cristo, allora torneranno ad avvicinarsi». E poi «ascoltare le coppie». E guardare la realtà. Ad esempio la storia di Jeannette Touré, della Costa d’Avorio, sposata con Lamin che è musulmano e partecipa con lei al Sinodo. Cinque figli cattolici,«per mio marito non c’è problema». Ieri lei raccontava che è tutta questione di «tolleranza, comunicazione, perdono e tanta, tanta preghiera».



Nessun commento:

Posta un commento