mercoledì 8 ottobre 2014

«Bisogna ascoltare il mondo, 
altrimenti il mondo non ci ascolterà».

Corriere della Sera 08/10/14
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«Il Papa è veramente un uomo che sta in ascolto dello Spirito Santo. Si è parlato parecchie volte della teologia dell’ascolto: bisogna ascoltare il mondo, se no il mondo non ascolterà noi». Adolfo Nicolás, 78 anni, è il Padre Generale della Compagnia di Gesù, ventinovesimo successore di Sant’Ignazio di Loyola, l’uomo che viene popolarmente chiamato il «Papa nero». Esce dal Sinodo a piedi, all’occhiello del clergyman una spilla con il motto Ad maiorem Dei gloriam scritto in arabo, «la portano i gesuiti in Medio Oriente».

Padre, il Sinodo si può leggere come il compimento del Concilio Vaticano II?
«Credo che questo sia proprio ciò che vuole il Papa. Francesco desidera vivere il Concilio. Ci sono tante forze che hanno allontanato un po’, distanti dal modo di pensare della gente, e Francesco ne è consapevole. Vuole che il Concilio sia una realtà e non ci sia più questo andare avanti e indietro, avanti e indietro, ma che la Chiesa vada avanti perché l’umanità va avanti e non si può aspettare».

Il Papa, nell’omelia di apertura, lo ha citato due volte...
«Anche nelle presentazioni dei padri sinodali ricorrono i riferimenti. Credo sia un ritorno al Concilio molto solido»

A quale aspetto?
«Si parla della Chiesa, del fatto che siamo in un mondo imperfetto e la gente sta lottando. Soprattutto la famiglia, il matrimonio, sono una vera palestra. Qui si vede che ci sono pastori preoccupati della situazione reale, non da idee astratte. La questione non è più come comunicare o forzare la gente a seguire una vita o un’altra, ma come ascoltare, accompagnare: questo è l’aspetto che si sente di più».

Ci sono resistenze?
«Ci sono alcune voci, naturalmente...Del resto il Papa ci ha chiesto di essere liberi. Però il tono è quello: accompagnamento, ascolto».

Diceva dei travagli. Come per i divorziati e riposati?
«Sì, certo. C’è chi ha parlato, citando il Vaticano II, della gradualità: bisogna essere positivi e vedere le cose buone, anche se la forma non è perfetta. Non si può cercare solo il perfetto o niente, ci sono tanti gradi...».

Un principio ignaziano: cercare Dio in tutte le cose...
«Sì, nella spiritualità di Ignazio c’è sempre una crescita e la crescita presuppone sempre una gradualità. Non si cresce di colpo. E il mondo non è in bianco e nero».

Anche in una coppia di fatto, o sposata civilmente in seconde nozze, c’è del buono?
«Naturalmente. Questo non è stato detto in aula, però nelle conversazioni uno mi fa: è meglio una coppia che si vuole bene di una coppia nella quale non c’è amore, non c’è niente, anche se hanno compiuto tutti i riti della Chiesa. È meglio che ci sia qualcosa. Questo è avere gradualità, vedere le cose in maniera positiva. Non cercare la perfezione. Quando stavo in Asia, sempre mi sentivo ripetere che per la mentalità occidentale, europea, il perfectum è quando tutto è perfetto; se invece c’è un qualunque difetto già non è buono, è malum . Ecco, penso che questo sia troppo. Se c’è qualcosa di buono che può crescere, bisogna alimentarlo, alimentare la vita in tutti i campi».

Il cardinale Martini diceva: «La domanda se i divorziati possano fare la comunione dovrebbe essere capovolta: come può la Chiesa arrivare in loro aiuto, con la forza dei sacramenti?».
«È così. Martini avrebbe offerto un contributo importante al Sinodo. Qualcuno mi diceva: chi è arrivato a divorziare ha patito difficoltà, sofferenze, e proprio a quelli che hanno più bisogno di una medicina noi la togliamo! No, questo non può andare».

E chi dice che la dottrina non può cambiare?
«Su questo c’è stata un’affermazione chiara: il problema non è dottrinale ma di accompagnamento. Quello che Cristo ha detto, lo ha detto, i nostri principi vengono di là. Però, come alcuni in aula hanno spiegato molto bene, c’è sempre uno spazio per l’interpretazione, e questo spazio è pastorale. Gli esegeti hanno fatto un gran servizio alla Chiesa però hanno detto il loro, e sono un po’ esausti. La questione rimane pastorale, non si tratta di ridefinire nulla ma di trovare un linguaggio, un’esperienza differente».

Il Papa ammoniva: non caricate sulle spalle della gente «pesi insopportabili»
«Questo è evangelico. In Spagna ho visto una caricatura: c’era un prete disperato, le mani in testa: “Orrore, abbiamo un Papa che crede nel Vangelo!”».

Ci sarà un cambiamento?
«Credo di sì, una linea di maggiore apertura: non parlare di principi ma trovare la realtà, accompagnare la gente».

Cosa significa, per un gesuita come Bergoglio, stare in ascolto dello Spirito?
«È tutta la vita ignaziana. Qui sta la rivoluzione di Sant’Ignazio: ascoltare lo Spirito. L’Inquisizione non era troppo contenta, lo ha esaminato otto volte, otto! Perché, se senti lo Spirito, non sei legato a norme o cose che hanno fatto gli uomini. Vedevano un uomo libero, e questo non andava bene! Lo Spirito soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va. E questo ti dà una libertà enorme».


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