lunedì 29 settembre 2014

«Vivono di rendita, la fiducia va ritrovata 
nei luoghi di lavoro».


Corriere della Sera 29/09/14
Enr. Ma.


Da vecchio saggio, che di battaglie, conquiste e sconfitte del sindacato ne ha viste tante, il sociologo Bruno Manghi non riesce proprio ad accalorarsi sulla questione dell’articolo 18. «È una questione tanto simbolica quanto inesistente», sibila.

Perché?
«Al punto in cui siamo è uguale tenerlo o toglierlo. E allora togliamolo e poi vediamo, ma affrontiamo allo stesso tempo la questione importante: l’estensione delle tutele per chi perde il lavoro, trovando le risorse necessarie».

Il sindacato, invece, sembra arroccarsi a difesa dell’articolo 18, in particolare per chi ce l’ha, e appare in difficoltà davanti alla sfida lanciata dal presidente del Consiglio.
«Renzi ha svelato quello che c’era nel sentire comune, anche per quanto riguarda il sindacato. Che non può pensare di continuare a vivere di posizioni di rendita, ma deve interrogarsi su come essere più efficace nella sua azione».

Forse anche per questo il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, ha gettato la spugna. Come valuta i suoi 8 anni di leadership?
«Bonanni ha avuto un esordio felice. Lui, che è un sindacalista autentico, ha portato un grande pragmatismo nell’azione sindacale della Cisl, poi però si è perso nei meandri della politica, entrando in un terreno che non è il suo».

Qual è secondo lei lo stato di salute della Cisl e del sindacato in Italia?
«La Cisl e il sindacato italiano stanno meglio della media. Tranne che nei Paesi scandinavi, i sindacati sono in crisi. Da noi meno che altrove, ma anche la Cisl deve darsi una mossa: snellire gli apparati — e questo Bonanni ha cominciato a farlo — e tornare nei luoghi di lavoro. In una parola, allargare la base di rappresentanza».

Intanto Renzi non parla coi sindacati.
«Sbaglia, ma il sindacato deve cambiare spartito e giocarsela sul campo, cioè sul territorio e sui luoghi di lavoro».





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